«Luce e gas: Robin Tax scaricata sulle bollette pagate dalle famiglie»
L'Autorità: le imprese potrebbero aver aumentato i prezzi per recuperare i costi dell'addizionale Ires I consumatori: in due anni versati 335 euro in più
Roma
Robin Hood rubava ai ricchi per dare ai poveri: per questo la tassa sugli extraprofitti delle facoltose imprese energetiche è passata alla storia con il nome di Robin tax. Un nome che, però, rischia ora di diventare un paradosso se verrà accertato il forte sospetto dell'Autorità per l'energia, secondo cui in molti casi le imprese soggette al tributo si starebbero «rifacendo» del costo scaricandolo sui consumatori, violando così la legge. Le imprese negano. Possibile violazione Un «prelievo» ipotizzato in 199 casi, per un totale di 1,6 miliardi di euro di incremento dei margini «dovuti all'effetto prezzo e tali da costituire una possibile violazione del divieto di traslazione». Per questo le associazioni dei consumatori si infuriano, parlando di «cosa gravissima e vergognosa», e minacciano denunce e class action. I sospetti dell'organismo presieduto da Guido Bortoni sono messi nero su bianco nella relazione al Parlamento sulla Robin Tax (una «manna da 1,5 miliardi per le casse dello Stato nel 2011»), licenziata alla fine di gennaio. L'Autorità è infatti tenuta per legge a svolgere l'attività di vigilanza sull'applicazione dell'addizionale Ires, imposta alle imprese energetiche nel giugno del 2008 e che non può essere «traslata» sui consumatori e quindi né in bolletta né, per esempio, sui listini della benzina e del gasolio. Ebbene, nella sua relazione l'Autorità evidenzia un quadro fortemente critico, in cui appare evidente che molte imprese si rifanno proprio sui consumatori. Nel corso dell'attività di vigilanza svolta lo scorso anno sui dati relativi al 2010, infatti, l'Autorità ha «pizzicato» 199 operatori (sui 476 totali), di cui 105 appartenenti al settore dell'energia elettrica e del gas e 94 a quello petrolifero, in cui «è stata riscontrata una variazione positiva del margine di contribuzione semestrale riconducibile, almeno in parte, alla dinamica dei prezzi». «Svantaggio finale» In parole povere, il sospetto è che venga infranto proprio il divieto di traslazione, con il quale si determina «uno svantaggio economico per i consumatori finali». L'Autorità si spinge a calcolare l'ammontare dei margini teoricamente accumulati. Nel secondo semestre 2010 per le aziende elettriche e del gas si tratta di una somma pari a circa 0,9 miliardi di euro in più rispetto al corrispondente periodo pre-tassa, mentre per quelle petrolifere la cifra è appena più bassa (0,7 miliardi). «Una cosa gravissima e vergognosa», commentano Adusbef e Federconsumatori, secondo cui «in due anni e mezzo le famiglie italiane hanno sborsato indebitamente 335 euro». Il mondo delle imprese, comunque, respinge le accuse al mittente. Il presidente di Assoelettrica, Chicco Testa, nega la traslazione in bolletta e definisce la tassa «iniqua e probabilmente incostituzionale».
Robin Hood rubava ai ricchi per dare ai poveri: per questo la tassa sugli extraprofitti delle facoltose imprese energetiche è passata alla storia con il nome di Robin tax. Un nome che, però, rischia ora di diventare un paradosso se verrà accertato il forte sospetto dell'Autorità per l'energia, secondo cui in molti casi le imprese soggette al tributo si starebbero «rifacendo» del costo scaricandolo sui consumatori, violando così la legge. Le imprese negano. Possibile violazione Un «prelievo» ipotizzato in 199 casi, per un totale di 1,6 miliardi di euro di incremento dei margini «dovuti all'effetto prezzo e tali da costituire una possibile violazione del divieto di traslazione». Per questo le associazioni dei consumatori si infuriano, parlando di «cosa gravissima e vergognosa», e minacciano denunce e class action. I sospetti dell'organismo presieduto da Guido Bortoni sono messi nero su bianco nella relazione al Parlamento sulla Robin Tax (una «manna da 1,5 miliardi per le casse dello Stato nel 2011»), licenziata alla fine di gennaio. L'Autorità è infatti tenuta per legge a svolgere l'attività di vigilanza sull'applicazione dell'addizionale Ires, imposta alle imprese energetiche nel giugno del 2008 e che non può essere «traslata» sui consumatori e quindi né in bolletta né, per esempio, sui listini della benzina e del gasolio. Ebbene, nella sua relazione l'Autorità evidenzia un quadro fortemente critico, in cui appare evidente che molte imprese si rifanno proprio sui consumatori. Nel corso dell'attività di vigilanza svolta lo scorso anno sui dati relativi al 2010, infatti, l'Autorità ha «pizzicato» 199 operatori (sui 476 totali), di cui 105 appartenenti al settore dell'energia elettrica e del gas e 94 a quello petrolifero, in cui «è stata riscontrata una variazione positiva del margine di contribuzione semestrale riconducibile, almeno in parte, alla dinamica dei prezzi». «Svantaggio finale» In parole povere, il sospetto è che venga infranto proprio il divieto di traslazione, con il quale si determina «uno svantaggio economico per i consumatori finali». L'Autorità si spinge a calcolare l'ammontare dei margini teoricamente accumulati. Nel secondo semestre 2010 per le aziende elettriche e del gas si tratta di una somma pari a circa 0,9 miliardi di euro in più rispetto al corrispondente periodo pre-tassa, mentre per quelle petrolifere la cifra è appena più bassa (0,7 miliardi). «Una cosa gravissima e vergognosa», commentano Adusbef e Federconsumatori, secondo cui «in due anni e mezzo le famiglie italiane hanno sborsato indebitamente 335 euro». Il mondo delle imprese, comunque, respinge le accuse al mittente. Il presidente di Assoelettrica, Chicco Testa, nega la traslazione in bolletta e definisce la tassa «iniqua e probabilmente incostituzionale».
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