La Cei rilancia gli oratori: sono spazi aperti a tutti
ROMA «Se negli ultimi anni di sviluppo sociale è aumentata l'offerta di attività formative specifiche per i giovani, è venuto parallelamente meno un approccio educativo globale per questi ragazzi, che sanno fare tante cose ma sentono sempre più la fatica di vivere». Sta anche in queste parole di monsignor Claudio Giuliodori, presidente della commissione episcopale per la Cultura e le comunicazioni sociali, il senso del rilancio che la Cei ha avviato per una delle istituzioni più «classiche» legate alla presenza della Chiesa sul territorio, l'oratorio, «quello spazio – aggiunge – dove ci sono tante attività ma soprattutto l'attenzione primaria alla persona». Numeri alla mano, si tratta di una realtà consistente, in crescita dopo gli anni '80. Circa seimila sono le strutture nel nostro Paese, tremila solo in Lombardia. D'estate, un milione e mezzo di giovani tra bambini e adolescenti frequentano i Centri ricreativi estivi; duecentomila ragazzi dai 15 anni in su diventano animatori o aiuto-animatori alla fine di un percorso di formazione. C'è poi l'universo legato agli oratori del Csi, Centro sportivo italiano con più di 950 mila atleti e oltre 13 mila società sportive.
I dati emergono da «Il laboratorio dei talenti. Nota pastorale sul valore e la missione degli oratori nel contesto dell'educazione alla vita buona del Vangelo», un documento della Cei elaborato dalle commissioni per la Cultura e le comunicazioni sociali e per la Famiglia e la vita, che fa il punto su un'istituzione addirittura cinquecentesca, nata dalle intuizioni di almeno tre santi, San Filippo Neri, San Carlo Borromeo, e, in seguito, San Giovanni Bosco e oggi in pieno rilancio. Due sono gli elementi di novità, spiega ancora Giuliodori: «Primo, il contesto delle nuove generazioni caratterizzato, dalla presenza straniera. In alcuni oratori, si arriva fino al 50% di giovani che sono figli di immigrati. Una vera sfida interculturale e interreligiosa». «Secondo – prosegue – la nuova realtà di una cultura immersa nei nuovi media». Qui, non di rado, gli oratori più attrezzati suppliscono persino alle carenze delle strutture scolastiche e si impara «a navigare consapevolmente».
I dati emergono da «Il laboratorio dei talenti. Nota pastorale sul valore e la missione degli oratori nel contesto dell'educazione alla vita buona del Vangelo», un documento della Cei elaborato dalle commissioni per la Cultura e le comunicazioni sociali e per la Famiglia e la vita, che fa il punto su un'istituzione addirittura cinquecentesca, nata dalle intuizioni di almeno tre santi, San Filippo Neri, San Carlo Borromeo, e, in seguito, San Giovanni Bosco e oggi in pieno rilancio. Due sono gli elementi di novità, spiega ancora Giuliodori: «Primo, il contesto delle nuove generazioni caratterizzato, dalla presenza straniera. In alcuni oratori, si arriva fino al 50% di giovani che sono figli di immigrati. Una vera sfida interculturale e interreligiosa». «Secondo – prosegue – la nuova realtà di una cultura immersa nei nuovi media». Qui, non di rado, gli oratori più attrezzati suppliscono persino alle carenze delle strutture scolastiche e si impara «a navigare consapevolmente».
Va anche rilevato che gli oratori nascono, e sopravvivono solo grazie all'aiuto di genitori e volontari che dedicano parte del loro tempo ai ragazzi. Ci sono poi le pubbliche istituzioni, che aiutano gli oratori nei mesi estivi nella gestione del C.R.E. elargendo stratosferici contributi (euro 500) e qui cara sindaca ti dovresti un po' vergognare.
RispondiElimina