Un ragazzo che spara
e la follia americana
L'ECO DI BERGAMO.Sabato 21 Luglio 2012
Giorgio Gandola
Nella città delle pepite d'oro ai piedi delle Montagne Rocciose l'America riscopre la paura del buio. Un suo ragazzo ancora una volta ha imbracciato un fucile e ha ucciso chiunque gli si parasse di fronte con la ferocia e la freddezza di un killer di professione. James Holmes ha 24 anni e in questo momento un poliziotto (che forse somiglia a Denzel Washington e forse no) gli sta domandando perché. Se lo chiede Denver, la città delle pepite – lì tutto è nuggets, compresa la squadra di basket –, se lo chiede il presidente Obama che si dichiara «orripilato», se lo chiede il mondo costretto a guardare, ad ascoltare, a leggere qualcosa che aveva già guardato, ascoltato, letto e interiorizzato come cattiva letteratura o cattivo cinema. E invece ancora una volta è realtà.Sala 9 del Century Movie Theatre, una multisala come ce ne sono tante in un centro commerciale come ne frequentiamo tanti. Forse con i bicchieri di coca cola un po' più grandi, i secchi di popcorn un po' più voluminosi e le poltroncine un po' più comode. C'è la prima visione dell'ultimo film di Batman, neanche a farlo apposta dal titolo «Il ritorno del cavaliere oscuro». I biglietti costano fino a cento dollari, qualcuno ha fatto una fila di sei ore per garantirsi il posto. Ci sono famiglie, fan, bambini. E secondo una consuetudine molto yankee si presentano con le maschere dei personaggi del film; in questi casi non si va al cinema, si va a una festa che ha qualcosa del carnevale. In questa mascherata di colori e ridondanze nessuno fa caso al cavaliere oscuro che entra in sala con una tuta nera, gli occhiali da sole e una maschera antigas. Così quando, venti minuti dopo l'inizio dello spettacolo, l'uomo in nero si alza, grida «sono Joker» (l'arcinemico di Batman), estrae una pistola, un fucile e comincia a sparare, qualcuno pensa addirittura che si tratti di un fuori programma legato al film. Oltre l'HD, oltre il 3D, oltre ogni immaginazione. Invece sono proiettili veri, è sangue vero, è terrore vero. Invece le lacrime delle madri e dei figli delle vittime sono composte della stessa sostanza di cui è fatto il dolore più grande. Dodici morti e 59 feriti. Allora, nel raccontare una vicenda assurda che ci fa sentire ogni volta inadeguati, mettiamo insieme due coincidenze di tempo e di spazio. Un anno fa come domani, Anders Breivik ha ucciso 77 persone a Oslo. E a soli 29 chilometri da Denver, sull'85ª Interstate, c'è Columbine, la sorgente di ogni follia studentesca, dove nel 1999 due ragazzi sterminarono professori e compagni, imbracciando fucili a pompa, travolti da un delirio di onnipotenza.
Quante volte, dopo quell'episodio, la società civile statunitense ha esercitato legittime pressioni sul Congresso per limitare la liberalizzazione delle armi da fuoco. Altrettante, la potentissima lobby delle armi è riuscita a neutralizzare ogni tentativo trasformandosi in grande elettore di governatori e presidenti. «Mettiamo la sicura alla violenza», è l'ultimo slogan di chi sta raccogliendo le firme per uscire dal tunnel del dolore. Ma quel giorno sembra ancora lontano. E un ragazzo col sorriso e le basette di James Holmes, la gelida ferocia di James Holmes è pronto a presentarsi di nuovo armato fino ai denti per trasformare in realtà un film dell'orrore.
Nella città delle pepite d'oro ai piedi delle Montagne Rocciose l'America riscopre la paura del buio. Un suo ragazzo ancora una volta ha imbracciato un fucile e ha ucciso chiunque gli si parasse di fronte con la ferocia e la freddezza di un killer di professione. James Holmes ha 24 anni e in questo momento un poliziotto (che forse somiglia a Denzel Washington e forse no) gli sta domandando perché. Se lo chiede Denver, la città delle pepite – lì tutto è nuggets, compresa la squadra di basket –, se lo chiede il presidente Obama che si dichiara «orripilato», se lo chiede il mondo costretto a guardare, ad ascoltare, a leggere qualcosa che aveva già guardato, ascoltato, letto e interiorizzato come cattiva letteratura o cattivo cinema. E invece ancora una volta è realtà.Sala 9 del Century Movie Theatre, una multisala come ce ne sono tante in un centro commerciale come ne frequentiamo tanti. Forse con i bicchieri di coca cola un po' più grandi, i secchi di popcorn un po' più voluminosi e le poltroncine un po' più comode. C'è la prima visione dell'ultimo film di Batman, neanche a farlo apposta dal titolo «Il ritorno del cavaliere oscuro». I biglietti costano fino a cento dollari, qualcuno ha fatto una fila di sei ore per garantirsi il posto. Ci sono famiglie, fan, bambini. E secondo una consuetudine molto yankee si presentano con le maschere dei personaggi del film; in questi casi non si va al cinema, si va a una festa che ha qualcosa del carnevale. In questa mascherata di colori e ridondanze nessuno fa caso al cavaliere oscuro che entra in sala con una tuta nera, gli occhiali da sole e una maschera antigas. Così quando, venti minuti dopo l'inizio dello spettacolo, l'uomo in nero si alza, grida «sono Joker» (l'arcinemico di Batman), estrae una pistola, un fucile e comincia a sparare, qualcuno pensa addirittura che si tratti di un fuori programma legato al film. Oltre l'HD, oltre il 3D, oltre ogni immaginazione. Invece sono proiettili veri, è sangue vero, è terrore vero. Invece le lacrime delle madri e dei figli delle vittime sono composte della stessa sostanza di cui è fatto il dolore più grande. Dodici morti e 59 feriti. Allora, nel raccontare una vicenda assurda che ci fa sentire ogni volta inadeguati, mettiamo insieme due coincidenze di tempo e di spazio. Un anno fa come domani, Anders Breivik ha ucciso 77 persone a Oslo. E a soli 29 chilometri da Denver, sull'85ª Interstate, c'è Columbine, la sorgente di ogni follia studentesca, dove nel 1999 due ragazzi sterminarono professori e compagni, imbracciando fucili a pompa, travolti da un delirio di onnipotenza.
Quante volte, dopo quell'episodio, la società civile statunitense ha esercitato legittime pressioni sul Congresso per limitare la liberalizzazione delle armi da fuoco. Altrettante, la potentissima lobby delle armi è riuscita a neutralizzare ogni tentativo trasformandosi in grande elettore di governatori e presidenti. «Mettiamo la sicura alla violenza», è l'ultimo slogan di chi sta raccogliendo le firme per uscire dal tunnel del dolore. Ma quel giorno sembra ancora lontano. E un ragazzo col sorriso e le basette di James Holmes, la gelida ferocia di James Holmes è pronto a presentarsi di nuovo armato fino ai denti per trasformare in realtà un film dell'orrore.
Limitare la vendita di armi non risolve un problema che sta ben più nel profondo di questa società malata.
RispondiEliminaSe la soluzione fosse quella, da noi dovremmo limitare la vendita delle bombole di gas da cucina.
Devi avere, non essere, devi primeggiare, competere, non importa se in modo sleale, apparire bello secondo i canoni dominanti, possedere una pletora di cose inutili da esibire, consumare fino allo sfinimento anche ciò che non ti serve, fregartene degli altri e pensare solo a soddisfare le tue brame. Non serve essere intelligenti istruiti e colti, basta essere furbi e ladri.
Se non combattiamo questi princìpi (è solo un esempio), come vogliamo che crescano i nostri figli dopo che le famiglie sono state sostituite nell'educazione dai pifferai dell'apparire?