05/11/2012 LA STAMPA
Fuori dalle liste chi è condannato,
pugno del governo: il testo è pronto
La durata sarà pari al doppio della pena inflitta. Cancellieri: sarà
in vigore già per le Regionali
in vigore già per le Regionali
PAOLO FESTUCCIA
ROMA
Ci lavorano tre ministri con l’obiettivo di varare le norme prima delle elezioni regionali. E il testo, per ammissione della titolare dell’Interno Anna Maria Cancellieri «è in gran parte pronto». Mancano le rifiniture - che però sono le più complesse - ma il testo sull’incandidabilità temporanea alle cariche pubbliche per chi ha subito condanne è ormai in dirittura d’arrivo, pronto per essere presentato al prossimo consiglio dei ministri o al massimo tra due settimane. «Ci stiamo lavorando - ha spiegato la titolare del Viminale - ci sarà un incontro con i ministri Severino e Patroni Griffi per chiudere le ultime maglie». Pochi passaggi peraltro previsti anche nell’articolo 17 della delega al governo sul ddl anticorruzione per stabilire i criteri, i tempi e la durata delle incompatibilità in tutte le competizioni elettorali: dalla politiche alla Europee fino alla circoscrizioni. Passando naturalmente per Regioni e Comuni. La road map, dunque, è tracciata. Del resto, fanno osservare autorevoli fonti governative «una volta approvato il ddl anticorruzione, e cioè dopo che la politica, il Parlamento ha fatto la sua parte, ora il governo dei tecnici non può che andare fino in fondo».
Avanti tutta, dunque, sulla bozza messa a punto e che prevede, nel caso di sentenze definitive, il divieto di assunzione di cariche per chiunque abbia riportato condanne a pene superiori ai due anni di reclusione. Nelle maglie del provvedimento, ovviamente, la casistica dei reati è significativa: si va da quelli associativi (associazione a delinquere, associazione di tipo mafioso, fino al terrorismo, al traffico illecito di rifiuti) ai delitti contro la pubblica amministrazione, quali peculato, malversazione, corruzione e concussione. Insomma, quei reati che da sempre si annidano negli Enti pubblici e che sono sostanzialmente alla base delle indagini di molte Procure ne sfociate in arresti, rinvii a giudizio e alla caduta delle amministrazioni regionali di Lazio e Lombardia. Ed è qui l’aspetto più interessante del provvedimento (concepito dal governo come del resto il decreto dei tagli ai costi della politica sull’onda delle inchieste) e sul quale i tre ministri Cancellieri, Severino e Patroni Griffi dovranno trovare l’intesa sia sul fronte della eventuale durate dell’incandidabilità sia sul fronte del rapporto tra reato e limiti dell’«interdizione» dalle cariche e dalla pubblica amministrazione. L’intenzione, almeno, quella che trapela nella discussioni, infatti, è quella di calmierare, i parametri di temporaneità, («lontananza») dall’attività politica e dalla cariche pubbliche in riferimento alle tipologie dei reati commessi per i quali si è stati condannati.
E l’orientamento sul quale lavora il governo in queste ore è questo: «incandidabilità temporanea per almeno il doppio della pena subita».
Insomma, se un ipotetico candidato è stato condannato con sentenza divenuta definitiva a due anni non sarà candidabile per almeno il doppio e cioè quattro anni. Se, invece, è stato condannato (ad esempio) a quarantadue mesi non sarà candidabile per 84 mesi, e via dicendo.
Ora, dunque, siamo alla stretta finale. E del resto, sul punto la ministra dell’Interno Anna Maria Cancellieri è stata chiarissima: «Pochi giorni, e ci siamo».
Naturalmente, tutto questo, per arrivare prima delle elezioni: politiche ma anche regionali. E per questa ragione tra oggi e domani si da per certa l’ipotesi di un vertice a tre proprio per definire le questioni irrisolte, che comunque, rappresentano il cuore dell’iniziativa. Subito dopo arriverà la discussione in seno al Consiglio dei ministri. Naturalmente, il pacchetto di norme prevede che l’incandidabilità possa essere applicata anche ai rappresentanti del governo, mentre il ministro Patroni Griffi già lavora ad una sorta di anagrafe patrimoniale alla quale si dovranno attenere tutti gli eletti nel loro percorso politico. Chiunque avrà incarichi pubblici dovrà rendere riconoscibile (dall’inizio della sua attività alla fine) il proprio patrimonio e più in generale tutte le proprietà dimostrando nel corso della sua attività se sia o meno cresciuto e in che maniera.
Avanti tutta, dunque, sulla bozza messa a punto e che prevede, nel caso di sentenze definitive, il divieto di assunzione di cariche per chiunque abbia riportato condanne a pene superiori ai due anni di reclusione. Nelle maglie del provvedimento, ovviamente, la casistica dei reati è significativa: si va da quelli associativi (associazione a delinquere, associazione di tipo mafioso, fino al terrorismo, al traffico illecito di rifiuti) ai delitti contro la pubblica amministrazione, quali peculato, malversazione, corruzione e concussione. Insomma, quei reati che da sempre si annidano negli Enti pubblici e che sono sostanzialmente alla base delle indagini di molte Procure ne sfociate in arresti, rinvii a giudizio e alla caduta delle amministrazioni regionali di Lazio e Lombardia. Ed è qui l’aspetto più interessante del provvedimento (concepito dal governo come del resto il decreto dei tagli ai costi della politica sull’onda delle inchieste) e sul quale i tre ministri Cancellieri, Severino e Patroni Griffi dovranno trovare l’intesa sia sul fronte della eventuale durate dell’incandidabilità sia sul fronte del rapporto tra reato e limiti dell’«interdizione» dalle cariche e dalla pubblica amministrazione. L’intenzione, almeno, quella che trapela nella discussioni, infatti, è quella di calmierare, i parametri di temporaneità, («lontananza») dall’attività politica e dalla cariche pubbliche in riferimento alle tipologie dei reati commessi per i quali si è stati condannati.
E l’orientamento sul quale lavora il governo in queste ore è questo: «incandidabilità temporanea per almeno il doppio della pena subita».
Insomma, se un ipotetico candidato è stato condannato con sentenza divenuta definitiva a due anni non sarà candidabile per almeno il doppio e cioè quattro anni. Se, invece, è stato condannato (ad esempio) a quarantadue mesi non sarà candidabile per 84 mesi, e via dicendo.
Ora, dunque, siamo alla stretta finale. E del resto, sul punto la ministra dell’Interno Anna Maria Cancellieri è stata chiarissima: «Pochi giorni, e ci siamo».
Naturalmente, tutto questo, per arrivare prima delle elezioni: politiche ma anche regionali. E per questa ragione tra oggi e domani si da per certa l’ipotesi di un vertice a tre proprio per definire le questioni irrisolte, che comunque, rappresentano il cuore dell’iniziativa. Subito dopo arriverà la discussione in seno al Consiglio dei ministri. Naturalmente, il pacchetto di norme prevede che l’incandidabilità possa essere applicata anche ai rappresentanti del governo, mentre il ministro Patroni Griffi già lavora ad una sorta di anagrafe patrimoniale alla quale si dovranno attenere tutti gli eletti nel loro percorso politico. Chiunque avrà incarichi pubblici dovrà rendere riconoscibile (dall’inizio della sua attività alla fine) il proprio patrimonio e più in generale tutte le proprietà dimostrando nel corso della sua attività se sia o meno cresciuto e in che maniera.
Per una persona normale come me, tutto cio' e' impensabile; mi sembra tanto logico che uno che ha subito una condanna non debba PIU' partecipare alla vita politica, che cio' che sta accadendo, mi sembra assurdo ed illogico.Anziche' pensare a come risolvere i problemi degli Italiani, questi coglioni pensano ancora alla loro casta. E' un continuo schifo. Continuano a perdere tempo prezioso. Ma dove vivono?
RispondiEliminaMa non pensi che se "questi coglioni" continuano imperterriti ad attaccarsi alla poltrona la colpa è anche,e soprattutto,nostra che ci lasciamo blandire e poi li votiamo?
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