L'Inno di Mameli obbligatorio a scuola.
Via libera definitivo del Senato al provvedimento
Il 17 marzo sarà il Giorno dell'Unità nazionale
L'ira della Lega Nord: iniziative retoriche e inutili
Corrado Sessa - L'ECO DI BERGAMO,Venerdì 09 Novembre 2012
ROMA
D'ora in poi l'Inno di Mameli, conosciuto anche come «Fratelli d'Italia» dal suo verso introduttivo, dovrà esser studiato e cantato nelle scuole italiane. Il Senato ha, infatti, approvato in via definitiva con la sola opposizione tenace e chiassosa della Lega Nord, il disegno di legge che introduce questo canto risorgimentale, scritto da Goffredo Mameli e musicato da Michele Novaro, nei programmi scolastici.
Nello stesso tempo, viene istituito il 17 marzo di ogni anno, in continuità con il festeggiamento dei 150 anni, il «Giorno dell'Unità nazionale, della Costituzione, dell'Inno e della bandiera», allo scopo di promuovere i valori di cittadinanza e di consolidare l'identità nazionale. Questo Inno che, in crescendo, incita alla ribellione verso lo straniero e alla libertà con la chiusa «l'Italia chiamò» non sarà più solo motivo di applausi (e fischi) negli stadi quando gioca la Nazionale e dovrebbe avere una diffusione capillare.
Ma, si sa, l'Inno di Mameli non è mai piaciuto ai leghisti che, nell'Aula del Senato, hanno dato il meglio di sé nella contestazione di un simbolo della Repubblica e non digeriscono che in «terre padane» gli scolari siano tenuti a conoscerlo. Solo il segretario Roberto Maroni ha gettato acqua sul fuoco cavandosela con una battuta: «Quando si canta, purché non sia stonato, per me va sempre bene». Il Carroccio è intervenuto, tra l'altra sera e ieri mattina, in massa definendo, via via, l'iniziativa, legata ai festeggiamenti per i 150 anni dell'Unità d'Italia, «inutile», «retorica», «antistorica», «ideologica», «coercitiva», «illiberale», «totalitaria». «Io sono sempre stato convinto che Metternich avesse ragione», ha detto l'ex Guardasigilli Roberto Castelli, precisando di «esser legato più» alla sua terra che alla penisola italiana. Sentimento di «non appartenenza» all'Italia espressa anche da altri esponenti del Carroccio, che hanno parlato di «carattere fittizio» di un'unità nazionale non ispirata al federalismo e «svuotata di sovranità» dalle richieste dell'Unione europea.
«Sdegno» per le bordate leghiste è stato espresso dai senatori degli altri gruppi. Il senatore democratico Giovanni Procacci, tra gli applausi, ha chiesto: «Perché demonizzate la storia e la memoria del Paese? Alberto da Giussano, vostro simbolo, è ricordato nell'Inno che disprezzate».
Ma la Lega fino all'ultimo, con il giochetto di interventi in dichiarazione di voto in dissenso dal gruppo, ha continuato a protestare contro quella che ha definito «un'imposizione» alle «libere genti della Padania». Alla fine, il capogruppo del Pdl, Maurizio Gasparri, ha salutato il «voto storico» del Senato che «riafferma i valori dell'identità nazionale».
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Il leghista Pedretti
contro l’inno obbligatorio:
“Puzza di ventennio”
Roberto Pedretti, consigliere regionale della Lega Nord, si scaglia contro la legge approvata dal Senato che impone l’insegnamento obbligatorio dell’inno di Mameli nelle scuole. Per Pedretti le priorità sono altre.
A 151 anni dal disastro dell'unità d'Italia sono riusciti ad imporre per legge quello che il cuore e lo spirito di molti rifiuta. Non credo, e ne sono convinto, che insegnare l'inno a scuola "obbligatoriamente" sia quello che fa di un popolo una nazione. Questo Stato va a fondo e il parlamento cosa fa? Una legge per obbligare l'insegnamento del l'inno nelle scuole. Sento puzza di ventennio fascista. Davvero crediamo sia utile l'insegnamento dell'inno per renderci italiani? Se così fosse domandiamoci perché ancora oggi sono in vigore leggi applicate severamente al Nord, ma non al Sud: si veda per esempio l'obbligo di utilizzo del casco per i conducenti di motocicli applicato quasi esclusivamente, le varie tassazioni sulla casa, laddove, ancora al sud, l'abusivismo edilizio impera e di conseguenza gli immobili non sono accatastati evadendo il fisco. Si veda il lavoro nero, la distribuzione di soldi a pioggia al Sud sempre a discapito del Nord. Cosa succederà a quelle classi con numerosi extracomunitari? Siamo davvero convinti che vorranno imparare l'inno per sentirsi italiani? Il paradosso è che da un lato il governo Monti sostenuto da quasi tutto il parlamento, ad eccezione della Lega Nord, sta tagliando i sistemi democratici di questo paese, e dall'altro approva una legge quanto meno 'inutile' che vuole solo di facciata farci credere che l'Italia sia unita. L'Italia non è unita, non solo per le diversità dei popoli che la compongono, ma per la disparità di trattamento che questo Stato applica a seconda dell'appartenenza geografica. Preoccupiamoci della qualità dell'insegnamento nelle nostre scuole, considerato che a livello europeo non siamo noi l'esempio da seguire. Ai miei figli, preferisco insegnare il dialetto bergamasco, in quanto testimone orgoglioso di una cultura che rischia l'estinzione...Italia permettendo!
Roberto Pedretti
L'Inno ricamato in oro all'interno di giacche e felpe, all'altezza del cuore,
sulle nuove divise degli olimpionici
Via libera definitivo del Senato al provvedimento
Il 17 marzo sarà il Giorno dell'Unità nazionale
L'ira della Lega Nord: iniziative retoriche e inutili
Corrado Sessa - L'ECO DI BERGAMO,Venerdì 09 Novembre 2012
ROMA
D'ora in poi l'Inno di Mameli, conosciuto anche come «Fratelli d'Italia» dal suo verso introduttivo, dovrà esser studiato e cantato nelle scuole italiane. Il Senato ha, infatti, approvato in via definitiva con la sola opposizione tenace e chiassosa della Lega Nord, il disegno di legge che introduce questo canto risorgimentale, scritto da Goffredo Mameli e musicato da Michele Novaro, nei programmi scolastici.
Nello stesso tempo, viene istituito il 17 marzo di ogni anno, in continuità con il festeggiamento dei 150 anni, il «Giorno dell'Unità nazionale, della Costituzione, dell'Inno e della bandiera», allo scopo di promuovere i valori di cittadinanza e di consolidare l'identità nazionale. Questo Inno che, in crescendo, incita alla ribellione verso lo straniero e alla libertà con la chiusa «l'Italia chiamò» non sarà più solo motivo di applausi (e fischi) negli stadi quando gioca la Nazionale e dovrebbe avere una diffusione capillare.
Ma, si sa, l'Inno di Mameli non è mai piaciuto ai leghisti che, nell'Aula del Senato, hanno dato il meglio di sé nella contestazione di un simbolo della Repubblica e non digeriscono che in «terre padane» gli scolari siano tenuti a conoscerlo. Solo il segretario Roberto Maroni ha gettato acqua sul fuoco cavandosela con una battuta: «Quando si canta, purché non sia stonato, per me va sempre bene». Il Carroccio è intervenuto, tra l'altra sera e ieri mattina, in massa definendo, via via, l'iniziativa, legata ai festeggiamenti per i 150 anni dell'Unità d'Italia, «inutile», «retorica», «antistorica», «ideologica», «coercitiva», «illiberale», «totalitaria». «Io sono sempre stato convinto che Metternich avesse ragione», ha detto l'ex Guardasigilli Roberto Castelli, precisando di «esser legato più» alla sua terra che alla penisola italiana. Sentimento di «non appartenenza» all'Italia espressa anche da altri esponenti del Carroccio, che hanno parlato di «carattere fittizio» di un'unità nazionale non ispirata al federalismo e «svuotata di sovranità» dalle richieste dell'Unione europea.
«Sdegno» per le bordate leghiste è stato espresso dai senatori degli altri gruppi. Il senatore democratico Giovanni Procacci, tra gli applausi, ha chiesto: «Perché demonizzate la storia e la memoria del Paese? Alberto da Giussano, vostro simbolo, è ricordato nell'Inno che disprezzate».
Ma la Lega fino all'ultimo, con il giochetto di interventi in dichiarazione di voto in dissenso dal gruppo, ha continuato a protestare contro quella che ha definito «un'imposizione» alle «libere genti della Padania». Alla fine, il capogruppo del Pdl, Maurizio Gasparri, ha salutato il «voto storico» del Senato che «riafferma i valori dell'identità nazionale».
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Il leghista Pedretti
contro l’inno obbligatorio:
“Puzza di ventennio”
Roberto Pedretti, consigliere regionale della Lega Nord, si scaglia contro la legge approvata dal Senato che impone l’insegnamento obbligatorio dell’inno di Mameli nelle scuole. Per Pedretti le priorità sono altre.
A 151 anni dal disastro dell'unità d'Italia sono riusciti ad imporre per legge quello che il cuore e lo spirito di molti rifiuta. Non credo, e ne sono convinto, che insegnare l'inno a scuola "obbligatoriamente" sia quello che fa di un popolo una nazione. Questo Stato va a fondo e il parlamento cosa fa? Una legge per obbligare l'insegnamento del l'inno nelle scuole. Sento puzza di ventennio fascista. Davvero crediamo sia utile l'insegnamento dell'inno per renderci italiani? Se così fosse domandiamoci perché ancora oggi sono in vigore leggi applicate severamente al Nord, ma non al Sud: si veda per esempio l'obbligo di utilizzo del casco per i conducenti di motocicli applicato quasi esclusivamente, le varie tassazioni sulla casa, laddove, ancora al sud, l'abusivismo edilizio impera e di conseguenza gli immobili non sono accatastati evadendo il fisco. Si veda il lavoro nero, la distribuzione di soldi a pioggia al Sud sempre a discapito del Nord. Cosa succederà a quelle classi con numerosi extracomunitari? Siamo davvero convinti che vorranno imparare l'inno per sentirsi italiani? Il paradosso è che da un lato il governo Monti sostenuto da quasi tutto il parlamento, ad eccezione della Lega Nord, sta tagliando i sistemi democratici di questo paese, e dall'altro approva una legge quanto meno 'inutile' che vuole solo di facciata farci credere che l'Italia sia unita. L'Italia non è unita, non solo per le diversità dei popoli che la compongono, ma per la disparità di trattamento che questo Stato applica a seconda dell'appartenenza geografica. Preoccupiamoci della qualità dell'insegnamento nelle nostre scuole, considerato che a livello europeo non siamo noi l'esempio da seguire. Ai miei figli, preferisco insegnare il dialetto bergamasco, in quanto testimone orgoglioso di una cultura che rischia l'estinzione...Italia permettendo!
Roberto Pedretti
Io sono di Bergamo,a casa parlo solo il bergamasco con orgoglio,,,e canto l'inno con almeno altrettanto orgoglio....smettetela di fare i moralisti qualunquisti.
RispondiEliminaSiamo nella stagione delle comunicazioni, dei facili spostamenti,del mondo sempre più piccolo, ecc... e c'è gente che si chiude in una roccaforte fatta di lingua parlata da 1000 persone, piatti tipici, orgoglio locale e via dicendo. Io parlo spesso e volentieri il mio dialetto bergamasco ma non per sventolare una bandiera d'indipendenza, solo per divertimento. Cari leghisti mi sembra che vi giriate sempre indietro al posto di guardare avanti. Logicamente sarete sempre perdenti. I confini tra gli Stati serviranno solamente per organizzare i Mondiali di Calcio.
Giggi
Questo articolo e' sconvolgente per le stupidita' ed i luoghi comuni che contiene. Ci sono altre nazioni, molto piu' multietniche dell'Italia, dove le lezioni iniziano con il saluto alla bandiera e la preghiera per la patria. Posso assicurare che i ragazzi di tutte le etnie partecipano gioiosamente a questi riti. Ritengo inoltre, che nelle scuole italiane, vadano reintrodotte altre vecchie lezioni, oramai in disuso, quali L'Educazione Civica e Religione, almeno per quanto concerne il settimo comandamento (non rubare).
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