Se la politica torna in una sera di pioggia
Giorgio Gandola - L'ECO DI BERGAMO,Giovedì 29 Novembre 2012
Ottocento. Nella stagione tecnocratica dei numeri è quello che oggi, per noi, ha più valore. Indro Montanelli diceva che per un giornalista i numeri dovrebbero essere tre e non più di tre: poco, tanto, abbastanza. «Tutto il resto meglio lasciarlo al commercialista». Infrangiamo la regola e parliamo di quell'ottocento. O meglio, degli ottocento bergamaschi che martedì sera alle 20 hanno indossato il cappotto, infilato le galosce, sono usciti di casa con un tempo infame, hanno aperto l'ombrello e si sono ritrovati in coda davanti al Centro congressi
Papa Giovanni XXIII per entrare ad ascoltare non Laura Pausini, non Bill Gates, non Roberto Benigni. Ma Oscar Giannino. Un economista liberista abbigliato in modo eccentrico con panciotti scozzesi e scarpe bicolori; un signore forbito e diretto nell'eloquio che in nulla può essere assimilato ai rappresentanti della classe politica attualmente prigioniera di se stessa e della propria impalpabilità in Parlamento.
Ottocento persone per Oscar Giannino, piaccia o non piaccia. Come due mesi fa duemila persone alla Fiera per Matteo Renzi. I responsabili del Centro congressi, con l'efficienza che li contraddistingue, hanno pensato immediatamente di aprire un'altra sala, allestire un maxischermo, ospitare tutti. Perché tutti volevano vedere, ascoltare, farsi un'idea. Non c'erano vip, nessuna traccia di apparati e istituzioni, non pervenute claque organizzate. Ottocento cittadini comuni, ordinary people direbbero a Hollywood, dove una vita fa a questo mondo trasversale e non codificato hanno anche dedicato un film. Artigiani, piccoli imprenditori, commercianti, professionisti, qualche casalinga, persino operai. Giovani, adulti, anziani, forse esodati.
Ci fermiamo qui, anche perché in questo momento siamo come gli steward degli stadi inglesi: non ci interessa la partita, ma il pubblico. Attento, composto, variegato, curioso, a volte riscaldato dalle metafore e dagli acuti dell'indignato oratore, altre pensieroso nel seguire le improbabili quando non disarmanti piroette del nostro pil, del nostro debito pubblico, dello Stato inadempiente. Così per due ore neanche fosse una partita dell'Atalanta con i tempi supplementari.
Tutto questo è politica. Bentornata politica. Non vogliamo neppure giudicare ciò che arrivava dal palco, vogliamo solo dire a noi stessi e a chi legge che i cittadini non se ne sono andati altrove, non hanno abdicato al loro ruolo civico, non hanno mai smesso di pensare alla rappresentanza democratica e ai problemi della società. I cittadini sono adulti e hanno ben presente la gravità del momento. Semplicemente non credono più nella parola di chi li ha ingannati. Ascoltano il nuovo, lo valutano, lo soppesano. Sanno che la Terza Repubblica è alle porte e si preparano a prendere le decisioni più opportune. Ma hanno deciso a priori di non perdere più tempo con i fantasmi ambulanti del passato.
Serate sotto il simbolo dei vecchi partiti: cinquanta persone con la voglia di finire in fretta. L'economista senza retroterra e senza apparato, autorevole one man show sorretto – questo va sottolineato – da una vetrina formidabile come il programma radiofonico che presenta ogni giorno su Radio 24: ottocento. Ciò che è accaduto, più che spiegare Giannino, spiega definitivamente Grillo, spiega Renzi, spiega il dilagare delle liste civiche alle amministrative. Spiega perché le metamorfosi quotidiane di Berlusconi non fanno più presa, spiega la Lega più struttura e meno folclore, spiega il Bersani non dispiaciuto da un Monti bis (vada avanti lui che in fondo è nuovo, dracula ma nuovo).
I cittadini non sono scappati in una panic room, sono sempre qui. Solo che, cari politici del violino programmatico, non vi vogliono più. Ne hanno le tasche piene della demagogia. Desiderano numeri, strategie, qualche idea. Battuta fulminante sentita all'uscita: «Ho già la pancia di mio, quella del Paese non la sopporto più».
Giorgio Gandola - L'ECO DI BERGAMO,Giovedì 29 Novembre 2012
Ottocento. Nella stagione tecnocratica dei numeri è quello che oggi, per noi, ha più valore. Indro Montanelli diceva che per un giornalista i numeri dovrebbero essere tre e non più di tre: poco, tanto, abbastanza. «Tutto il resto meglio lasciarlo al commercialista». Infrangiamo la regola e parliamo di quell'ottocento. O meglio, degli ottocento bergamaschi che martedì sera alle 20 hanno indossato il cappotto, infilato le galosce, sono usciti di casa con un tempo infame, hanno aperto l'ombrello e si sono ritrovati in coda davanti al Centro congressi
Papa Giovanni XXIII per entrare ad ascoltare non Laura Pausini, non Bill Gates, non Roberto Benigni. Ma Oscar Giannino. Un economista liberista abbigliato in modo eccentrico con panciotti scozzesi e scarpe bicolori; un signore forbito e diretto nell'eloquio che in nulla può essere assimilato ai rappresentanti della classe politica attualmente prigioniera di se stessa e della propria impalpabilità in Parlamento.
Ottocento persone per Oscar Giannino, piaccia o non piaccia. Come due mesi fa duemila persone alla Fiera per Matteo Renzi. I responsabili del Centro congressi, con l'efficienza che li contraddistingue, hanno pensato immediatamente di aprire un'altra sala, allestire un maxischermo, ospitare tutti. Perché tutti volevano vedere, ascoltare, farsi un'idea. Non c'erano vip, nessuna traccia di apparati e istituzioni, non pervenute claque organizzate. Ottocento cittadini comuni, ordinary people direbbero a Hollywood, dove una vita fa a questo mondo trasversale e non codificato hanno anche dedicato un film. Artigiani, piccoli imprenditori, commercianti, professionisti, qualche casalinga, persino operai. Giovani, adulti, anziani, forse esodati.
Ci fermiamo qui, anche perché in questo momento siamo come gli steward degli stadi inglesi: non ci interessa la partita, ma il pubblico. Attento, composto, variegato, curioso, a volte riscaldato dalle metafore e dagli acuti dell'indignato oratore, altre pensieroso nel seguire le improbabili quando non disarmanti piroette del nostro pil, del nostro debito pubblico, dello Stato inadempiente. Così per due ore neanche fosse una partita dell'Atalanta con i tempi supplementari.
Tutto questo è politica. Bentornata politica. Non vogliamo neppure giudicare ciò che arrivava dal palco, vogliamo solo dire a noi stessi e a chi legge che i cittadini non se ne sono andati altrove, non hanno abdicato al loro ruolo civico, non hanno mai smesso di pensare alla rappresentanza democratica e ai problemi della società. I cittadini sono adulti e hanno ben presente la gravità del momento. Semplicemente non credono più nella parola di chi li ha ingannati. Ascoltano il nuovo, lo valutano, lo soppesano. Sanno che la Terza Repubblica è alle porte e si preparano a prendere le decisioni più opportune. Ma hanno deciso a priori di non perdere più tempo con i fantasmi ambulanti del passato.
Serate sotto il simbolo dei vecchi partiti: cinquanta persone con la voglia di finire in fretta. L'economista senza retroterra e senza apparato, autorevole one man show sorretto – questo va sottolineato – da una vetrina formidabile come il programma radiofonico che presenta ogni giorno su Radio 24: ottocento. Ciò che è accaduto, più che spiegare Giannino, spiega definitivamente Grillo, spiega Renzi, spiega il dilagare delle liste civiche alle amministrative. Spiega perché le metamorfosi quotidiane di Berlusconi non fanno più presa, spiega la Lega più struttura e meno folclore, spiega il Bersani non dispiaciuto da un Monti bis (vada avanti lui che in fondo è nuovo, dracula ma nuovo).
I cittadini non sono scappati in una panic room, sono sempre qui. Solo che, cari politici del violino programmatico, non vi vogliono più. Ne hanno le tasche piene della demagogia. Desiderano numeri, strategie, qualche idea. Battuta fulminante sentita all'uscita: «Ho già la pancia di mio, quella del Paese non la sopporto più».
Spero vivamente che sia l'inizio di una nuova era, di un modo piu' onesto e moderno di amministrare uno stato, una regione od un comune, anteponendo il bene comune al proprio. Che sia la vota buona? Lo sperano tutti coloro che hanno subito il precedente ignobile comportamento di chi sino ad ora ha fatto politica.
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