I redditi dei manager pubblici italiani nel 2010: da 71mila a 5,6 milioni di euro
Quando si parla dei costi della politica, la maggior parte degli italiani pensa agli stipendi e ai benefit dei parlamentari (senza dubbio vergognosamente esagerati), ma questi sono solo una minima parte, relativamente irrilevante nella totalità della spesa pubblica, rispetto a un costo molto più alto, quello degli stipendi dei manager di società pubbliche e partecipate. Il governo Monti ha introdotto quest'anno una misura che ne fissa il tetto massimo a circa 300mila euro (il compenso del Primo Presidente della Corte di Cassazione), una cifra già di per sé impressionante per la stragrande maggioranza dei cittadini italiani, ma solo fino all'anno scorso, i numeri erano ben maggiori.
Il quotidiano Milano Finanza riporta infatti alcuni dati presentati alla Camera derivanti dall'ultima relazione sulla situazione patrimoniale di titolari di cariche elettive e direttive, relativa ai redditi 2010, periodo in cui l'economia italiana era già in grossa difficoltà.
I dati si riferiscono a tutti i redditi dei soggetti presi in esame e non solo allo stipendio percepito a seguito della carica ricoperta, che ne è quindi solo una parte, ma sono comunque utili a farsi un'idea della questione. Certo, non è mai simpatico fare i conti in tasca agli altri ed essere ricchi non è naturalmente una colpa, né può essere motivo di vergogna. Detto questo, quando gli "altri" sono dirigenti di aziende pubbliche che percepiscono uno stipendio grazie ai soldi delle nostre tasse, questi conti diventano un necessario strumento di trasparenza. Fa quindi un certo effetto scoprire che il presidente dell'INPS, Antonio Mastrapasqua, un anno prima della pesantissima riforma delle pensioni che è stata inflitta a tutti i comuni mortali, dichiari un reddito di 1,3 milioni di euro. Un'inezia, tra l'altro, se paragonato agli oltre 3 milioni dichiarati dall'ad di Enel, Fulvio Conti, e ai 3,6 milioni dell'ex commissario di Alitalia, Augusto Fantozzi. Cifre a loro volta quasi doppiate dall'allora presidente di Finmeccanica, Pierfrancesco Guarguaglini, che ha dichiarato un reddito di oltre 5,5 milioni di euro per il 2010. Sempre in casa Finmeccanica, sono 2,4 i milioni dichiarati dal direttore generale Alessandro Pansa. Giuseppe Orsi, attuale presidente del colosso aerospaziale, all'epoca era a capo di AgustaWestland (controllata) e dichiarava un reddito di circa 1,6 milioni di euro.
Scendendo un po' con le cifre, se così si può dire, troviamo Mario Draghi, all'epoca governatore della Banca d'Italia e oggi a capo della Bce, con un reddito di poco più di un milione, poi il direttore generale di Bankitalia, Fabrizio Saccomanni, con 838 mila euro. In casa Rai si segnalano i 670mila euro dell'ex presidente Paolo Garimberti, 420mila per l'allora non ancora direttrice generale Lorenza Lei e ben 700mila per Mauro Masi, allora direttore generale della tv di stato e ricordato dai più per l'ostinata avversione al programma Annozero di Santoro, esternata pubblicamente durante la sua famosa telefonata in diretta al giornalista e coltivata privatamente durante le telefonate intercettate dalla Procura di Trani con l'allora premier Silvio Berlusconi e Giancarlo Innocenzi, dell'Agcom (resta celebre il paragone con lo Zimbawe fatto dallo stesso Masi).
Il primo posto per il reddito dichiarato spetta però a Diana Bracco, presidente di Expo 2015 (ma anche presidente e amministratore delegato dell'omonimo gruppo farmaceutico), con 5,6 milioni di euro. Continuando poi a scorrere i nomi, emergono ancora: Enrico Giovannini (presidente dell'Istat, 372mila euro), Federico D'Andrea (ex numero uno di Sogei, 554mila euro), Pietro Ciucci (presidente di Anas, 954mila euro), Massimo Varazzani (ad di Fintecna, 578mila euro) e Maurizio Prato (presidente e ad dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 837mila euro).
Agli ultimi posti troviamo invece 75mila euro per Antonio Zichichi, responsabile del Museo storico della fisica "Enrico Fermi" e 71mila per Pierluigi Borghini, presidente di Eur SpA.
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