Alla Camera
scoppia la bagarre!
La proposta Fini resta fuori dalla nuova bozza
Pd, Idv e Fli fanno retromarcia. No di Pdl e Lega
Oggi il voto nella Giunta per il regolamento
L'ECO DI BERGAMO,Mercoledì 19 Settembre 2012
Giovanni Innamorati
Chiara Scalise
ROMA
La Camera si accinge a varare un Regolamento che introduce maggiore trasparenza nell'erogazione dei Fondi ai gruppi parlamentari, ma in esso manca il controllo dei Bilanci da parte di società di certificazione esterne, come pure aveva proposto il presidente Gianfranco Fini. La polemica giunge in aula dove alcuni gruppi fanno retromarcia su questo punto. Sarà la Giunta per il Regolamento, stamattina, a dire la parola decisiva.
I contenuti della bozza
Nel pomeriggio l'Ansa aveva anticipato la bozza di Regolamento scritta da Antonio Leone (Pdl) e Gianclaudio Bressa (Pd) che deve essere votata oggi dalla Giunta. Il testo recepisce tutte le indicazioni emerse nelle precedenti riunioni della Giunta per introdurre elementi di trasparenza sull'erogazione dei Fondi ai gruppi Parlamentari, su cui finora non ci sono regole scritte. Si tratta di 36 milioni l'anno distribuiti in base alla consistenza dei gruppi stessi.
La bozza Leone-Bressa stabilisce dunque che ogni gruppo abbia uno statuto, in cui sia indicato un tesoriere responsabile e un organismo amministrativo, e il bilancio dovrà essere redatto in base a precisi criteri contabili omogenei tra tutti i gruppi; in più si esplicita che i soldi possono essere usati «unicamente» per le finalità strettamente connesse all'attività parlamentare.
La bozza però non recepisce la richiesta avanzata dal presidente della Camera Gianfranco FIni lo scorso 31 luglio, e cioè quella di affidare ad una società di certificazione esterna il controllo dei bilanci. Nell'ultima riunione della Giunta, infatti, i gruppi si sono orientati per il controllo interno alla Camera, da parte dei Deputati Questori, l'organismo che eroga in Fondi. Il motivo va ricercato nella cosiddetta «autodichia», cioè il principio dell'autogiurisdizione degli organi costituzionali; quello in base al quale, per esempio, sono la Camera e il Senato a decidere sulle autorizzazioni a procedere dei propri membri.
Conversione a U
I siti di informazione hanno rilanciato la notizia che è quindi piombata sull'aula della Camera, dove diversi gruppi hanno operato una «conversione a U» rispetto a quanto espresso in Giunta. Pier Ferdinando Casini annuncia che se il nuovo Regolamento «prevederà la possibilità» per i gruppi di fare la certificazione esterna l'Udc farà questa scelta. Dario Franceschini (Pd) e Massimo Donadi (Idv) annunciano per i loro gruppi ricorreranno in ogni caso alla certificazione esterna. Anche Benedetto Della Vedova (Fli) e su questa linea e invita a dare «un segnale forte» in nome della trasparenza. Più cauti il leghista Raffaele Volpi e Peppino Calderisi del Pdl, che ricorda «le questioni di costituzionalità», in quanto i controlli esterni violerebbero l'autodichìa. Fini riassume il dibattito affermando che la Giunta oggi potrà «ripristinare il testo iniziale» della bozza di nuovo Regolamento, quella con la sua proposta di controllo esterno. Dopo le deliberazioni della Giunta la parola definitiva spetterà all'Aula.
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La classe dirigente al crepuscolo ha vissuto ieri un’altra delle sue surreali giornate.
La Giunta per il regolamento della Camera ha respinto la proposta del presidente Fini di affidare la certificazione dei bilanci dei gruppi parlamentari a una società esterna. Perché scomodare degli estranei quando gli onorevoli deputati possono giustificare le proprie magagne benissimo da soli? Tanto più che la certificazione esterna li obbligherebbe a garantire la tracciabilità delle spese. Addio a contanti e fuori busta, e instaurazione della dittatura delle ricevute e delle carte di credito. Una scelta da Paese civile, quindi oltremodo antipatica ma fortunatamente scongiurabile, a patto che il controllo venga lasciato a chi ha davvero i titoli per esercitarlo: i controllati.
Naturalmente non è questa motivazione prosaica ad avere impreziosito le relazioni dei membri della Giunta. Essi hanno preferito appigliarsi alla Costituzione, alla democrazia e alla libertà. Ma appena il frutto delle loro cogitazioni è finito sulle agenzie di stampa è scoppiato il pandemonio. I più lesti ad accorgersene sono stati due democristiani - Casini dell’Udc e Franceschini del Pd - che fiutando la rabbia degli elettori di centro e di sinistra si sono affrettati a smentire i propri rappresentanti in Giunta, dicendo che mai e poi mai avrebbero accettato una simile riforma consociativa e che anzi si sarebbero adoperati per fare certificare all’esterno i bilanci dei loro gruppi parlamentari. Nessun segnale apprezzabile è venuto invece dal Pdl, nonostante i suoi elettori siano persino più arrabbiati degli altri. Il partito che fu di Berlusconi ha preferito osservare l’ennesimo minuto di silenzio in morte di se stesso.
Alla fine il nuovo strappo fra Palazzo e Paese è stato in parte scongiurato e, fra un inciampo e un tentennamento, la Casta continua la sua opera di redenzione fuori tempo massimo. Cavour ammoniva che le riforme vanno fatte un attimo prima che i cittadini ne avvertano l’esigenza. Invece l’autoriforma della politica sta avvenendo in ritardo, a singhiozzo, e solo per il costante stimolo dell’opinione pubblica. Appena giornali e associazioni si distraggono un attimo, quelli ci riprovano. E quando la magistratura scoperchia gli scandali come alla Regione Lazio, imponendo uno scatto quantomeno di dignità, alle promesse iniziali di sfracelli seguono brodini caldi che ancora qualche tempo fa ci sarebbero apparsi saporiti, ma adesso risultano inesorabilmente sciapi. Se Renata Polverini avesse bloccato la proliferazione (con relativi benefit) dei gruppi consiliari composti da una sola persona o avesse tagliato le ventotto auto blu del garage laziale quando tutti glielo chiedevano, avrebbe raccolto consensi. Oggi che di auto ne toglie ventitré, i cittadini non applaudono. Semmai guardano con dispetto alle cinque rimaste, immaginando che serviranno a saziare i bisogni mobili del presidente del Consiglio regionale Abbruzzese, quel tizio impermeabile alla vergogna che ha dichiarato al nostro giornale di avere urgente necessità di due vetture sovvenzionate dai contribuenti, una per muoversi a Roma nel corso della settimana e l’altra per curare il collegio elettorale di Cassino durante il weekend.
La sensazione è che, malgrado gli sforzi dei politici più avveduti, all’opera anche ieri, il rapporto di fiducia fra questa classe politica e il Paese sia saltato definitivamente. Ormai basta un equivoco o un dettaglio sospetto - il classico capello sulla giacca che allarma la moglie più volte tradita, dunque diffidente - perché il disgusto, la nausea e la disistima tornino a prendere il sopravvento. Il ricambio della nomenclatura di destra e di sinistra non è un capriccio populista, ma la condizione perché gli italiani ricomincino a fidarsi dei loro rappresentanti. Per tentare di restituire alla politica il prestigio perduto non è rimasto che un modo: cambiare le persone che la fanno.
scoppia la bagarre!
La proposta Fini resta fuori dalla nuova bozza
Pd, Idv e Fli fanno retromarcia. No di Pdl e Lega
Oggi il voto nella Giunta per il regolamento
L'ECO DI BERGAMO,Mercoledì 19 Settembre 2012
Giovanni Innamorati
Chiara Scalise
ROMA
La Camera si accinge a varare un Regolamento che introduce maggiore trasparenza nell'erogazione dei Fondi ai gruppi parlamentari, ma in esso manca il controllo dei Bilanci da parte di società di certificazione esterne, come pure aveva proposto il presidente Gianfranco Fini. La polemica giunge in aula dove alcuni gruppi fanno retromarcia su questo punto. Sarà la Giunta per il Regolamento, stamattina, a dire la parola decisiva.
I contenuti della bozza
Nel pomeriggio l'Ansa aveva anticipato la bozza di Regolamento scritta da Antonio Leone (Pdl) e Gianclaudio Bressa (Pd) che deve essere votata oggi dalla Giunta. Il testo recepisce tutte le indicazioni emerse nelle precedenti riunioni della Giunta per introdurre elementi di trasparenza sull'erogazione dei Fondi ai gruppi Parlamentari, su cui finora non ci sono regole scritte. Si tratta di 36 milioni l'anno distribuiti in base alla consistenza dei gruppi stessi.
La bozza Leone-Bressa stabilisce dunque che ogni gruppo abbia uno statuto, in cui sia indicato un tesoriere responsabile e un organismo amministrativo, e il bilancio dovrà essere redatto in base a precisi criteri contabili omogenei tra tutti i gruppi; in più si esplicita che i soldi possono essere usati «unicamente» per le finalità strettamente connesse all'attività parlamentare.
La bozza però non recepisce la richiesta avanzata dal presidente della Camera Gianfranco FIni lo scorso 31 luglio, e cioè quella di affidare ad una società di certificazione esterna il controllo dei bilanci. Nell'ultima riunione della Giunta, infatti, i gruppi si sono orientati per il controllo interno alla Camera, da parte dei Deputati Questori, l'organismo che eroga in Fondi. Il motivo va ricercato nella cosiddetta «autodichia», cioè il principio dell'autogiurisdizione degli organi costituzionali; quello in base al quale, per esempio, sono la Camera e il Senato a decidere sulle autorizzazioni a procedere dei propri membri.
Conversione a U
I siti di informazione hanno rilanciato la notizia che è quindi piombata sull'aula della Camera, dove diversi gruppi hanno operato una «conversione a U» rispetto a quanto espresso in Giunta. Pier Ferdinando Casini annuncia che se il nuovo Regolamento «prevederà la possibilità» per i gruppi di fare la certificazione esterna l'Udc farà questa scelta. Dario Franceschini (Pd) e Massimo Donadi (Idv) annunciano per i loro gruppi ricorreranno in ogni caso alla certificazione esterna. Anche Benedetto Della Vedova (Fli) e su questa linea e invita a dare «un segnale forte» in nome della trasparenza. Più cauti il leghista Raffaele Volpi e Peppino Calderisi del Pdl, che ricorda «le questioni di costituzionalità», in quanto i controlli esterni violerebbero l'autodichìa. Fini riassume il dibattito affermando che la Giunta oggi potrà «ripristinare il testo iniziale» della bozza di nuovo Regolamento, quella con la sua proposta di controllo esterno. Dopo le deliberazioni della Giunta la parola definitiva spetterà all'Aula.
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QUESTIONE DI FIDUCIA. | |
19/9/2012 |
La Giunta per il regolamento della Camera ha respinto la proposta del presidente Fini di affidare la certificazione dei bilanci dei gruppi parlamentari a una società esterna. Perché scomodare degli estranei quando gli onorevoli deputati possono giustificare le proprie magagne benissimo da soli? Tanto più che la certificazione esterna li obbligherebbe a garantire la tracciabilità delle spese. Addio a contanti e fuori busta, e instaurazione della dittatura delle ricevute e delle carte di credito. Una scelta da Paese civile, quindi oltremodo antipatica ma fortunatamente scongiurabile, a patto che il controllo venga lasciato a chi ha davvero i titoli per esercitarlo: i controllati.
Naturalmente non è questa motivazione prosaica ad avere impreziosito le relazioni dei membri della Giunta. Essi hanno preferito appigliarsi alla Costituzione, alla democrazia e alla libertà. Ma appena il frutto delle loro cogitazioni è finito sulle agenzie di stampa è scoppiato il pandemonio. I più lesti ad accorgersene sono stati due democristiani - Casini dell’Udc e Franceschini del Pd - che fiutando la rabbia degli elettori di centro e di sinistra si sono affrettati a smentire i propri rappresentanti in Giunta, dicendo che mai e poi mai avrebbero accettato una simile riforma consociativa e che anzi si sarebbero adoperati per fare certificare all’esterno i bilanci dei loro gruppi parlamentari. Nessun segnale apprezzabile è venuto invece dal Pdl, nonostante i suoi elettori siano persino più arrabbiati degli altri. Il partito che fu di Berlusconi ha preferito osservare l’ennesimo minuto di silenzio in morte di se stesso.
Alla fine il nuovo strappo fra Palazzo e Paese è stato in parte scongiurato e, fra un inciampo e un tentennamento, la Casta continua la sua opera di redenzione fuori tempo massimo. Cavour ammoniva che le riforme vanno fatte un attimo prima che i cittadini ne avvertano l’esigenza. Invece l’autoriforma della politica sta avvenendo in ritardo, a singhiozzo, e solo per il costante stimolo dell’opinione pubblica. Appena giornali e associazioni si distraggono un attimo, quelli ci riprovano. E quando la magistratura scoperchia gli scandali come alla Regione Lazio, imponendo uno scatto quantomeno di dignità, alle promesse iniziali di sfracelli seguono brodini caldi che ancora qualche tempo fa ci sarebbero apparsi saporiti, ma adesso risultano inesorabilmente sciapi. Se Renata Polverini avesse bloccato la proliferazione (con relativi benefit) dei gruppi consiliari composti da una sola persona o avesse tagliato le ventotto auto blu del garage laziale quando tutti glielo chiedevano, avrebbe raccolto consensi. Oggi che di auto ne toglie ventitré, i cittadini non applaudono. Semmai guardano con dispetto alle cinque rimaste, immaginando che serviranno a saziare i bisogni mobili del presidente del Consiglio regionale Abbruzzese, quel tizio impermeabile alla vergogna che ha dichiarato al nostro giornale di avere urgente necessità di due vetture sovvenzionate dai contribuenti, una per muoversi a Roma nel corso della settimana e l’altra per curare il collegio elettorale di Cassino durante il weekend.
La sensazione è che, malgrado gli sforzi dei politici più avveduti, all’opera anche ieri, il rapporto di fiducia fra questa classe politica e il Paese sia saltato definitivamente. Ormai basta un equivoco o un dettaglio sospetto - il classico capello sulla giacca che allarma la moglie più volte tradita, dunque diffidente - perché il disgusto, la nausea e la disistima tornino a prendere il sopravvento. Il ricambio della nomenclatura di destra e di sinistra non è un capriccio populista, ma la condizione perché gli italiani ricomincino a fidarsi dei loro rappresentanti. Per tentare di restituire alla politica il prestigio perduto non è rimasto che un modo: cambiare le persone che la fanno.
Hanno già fatto retromarcia: troppo rumore!
RispondiEliminaMa stiamo certi che al più presto infileranno subdolamente una norma che stravolge tutto magari in qualche decreto per la salvaguardia del lupo della Sila.
ORSO45 :
RispondiEliminaQuesti si candidano al comando, si eleggono, decidono quanto devi dimagrire tu per stare nel burro loro, usano ed abusano dei tuoi denari e non vogliono renderne conto, pretendono sacrifici su sacrifici da te e su di te.... ma non sarebbe ora di propiziarci il futuro con qualche sacrificio umano?
DIMEZZIAMOLI!!!!
E' stato riportato qui il commento che Orso45 per errore aveva inserito in altro post.
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