LA STAMPA,31/7/2012
Spen Ding Reviù
Diffidare
delle parole inglesi che fioriscono sulla bocca degli italiani, please.
C’è stato un tempo, e c’è ancora, in cui per estrometterti da una
poltroncina di responsabilità e sostituirti con uno più affidabile, cioè
più opaco e obbediente di te, tiravano in ballo problemi di
«governance». Questa invece, nei ministeri e negli uffici, è l’estate
della spending review. Tagli sanguinosi (bloody cuts) sembrerebbe
espressione più sincera, ma suona male. Revisione della spesa è concetto
sfumato e dall’esito aperto: una spesa è rivedibile anche al rialzo,
volendo e soprattutto potendo. Il guaio è che non si può più. In questa
crisi al buio chi non muore si rivede, ma solo al ribasso.
Spen Ding Reviù: la formula magica ha una sua morbidezza di vaselina, indispensabile quando la verità fa paura. Chi osa dire ai cittadini elettori che lo Stato Sociale novecentesco non è più sostenibile e che oltre agli sprechi bisognerà rivedere anche i diritti? Arriva il tempo delle scelte dure, persino etiche: è sano che uno studente fuoricorso non lavoratore si sovvenzioni da solo la propria pigrizia. Ma se la spending review asciuga ingiustizie, ne crea anche di nuove. La si usa indifferentemente per togliere un privilegio e per tagliare un precario. Una cosa è certa: gli italiani assistono a quest’ultima ossessione del potere con aria da esperti. Loro la spending review l’hanno già sperimentata in casa, rinunciando a quasi tutto il rinunciabile. Soltanto l’hanno chiamata in altro modo: tirare la cinghia. Se preferite: tighten your belt.
Spen Ding Reviù: la formula magica ha una sua morbidezza di vaselina, indispensabile quando la verità fa paura. Chi osa dire ai cittadini elettori che lo Stato Sociale novecentesco non è più sostenibile e che oltre agli sprechi bisognerà rivedere anche i diritti? Arriva il tempo delle scelte dure, persino etiche: è sano che uno studente fuoricorso non lavoratore si sovvenzioni da solo la propria pigrizia. Ma se la spending review asciuga ingiustizie, ne crea anche di nuove. La si usa indifferentemente per togliere un privilegio e per tagliare un precario. Una cosa è certa: gli italiani assistono a quest’ultima ossessione del potere con aria da esperti. Loro la spending review l’hanno già sperimentata in casa, rinunciando a quasi tutto il rinunciabile. Soltanto l’hanno chiamata in altro modo: tirare la cinghia. Se preferite: tighten your belt.
Ma non era più chiaro e più semplice mettere in galera (e lasciarceli) i ladri (noti a tutti) che albergano fra politici e burocrati ed estromettere gli incapaci (anch'essi chiaramente noti) facendosi rifondere i danni?
RispondiEliminaSarà una soluzione spiccia ma, credo, efficace che avrebbe dato una sfoltita ai parassiti come la forbice dentata che un tempo usavano i parrucchieri.
I risparmi (notevoli e senza penalizzazioni per i cittadini) avrebbero giovato allo stato sociale ed ai bilanci statali, regionali, provinciali, comunali e famigliari.