Ma l'Italia non deve piegarsi
alla paura!
da L'ECO DI BERGAMO,21.5.2012giorgio gandola
Melissa e il terremoto. Potrebbe essere il titolo di un racconto ed effettivamente lo è. È la sintesi estrema di un fine settimana di angoscia che si è sovrapposto al riposo e allo svago. Ma non può esserci weekend con l'ombra della morte come compagna. Sabato e domenica, due giorni strani, dedicati alle immagini della tv, alla lettura dei giornali e a quel vago senso di frustrazione che entra nell'anima e costringe chiunque ad abbassare la voce, a mettere la giacca scura ai pensieri e a porsi un'unica domanda: cosa sta succedendo? Cosa accade a questo Paese nell'anno bisestile 2012, quello che i Maya avevano indicato come ultimo per l'umanità? Le esagerazioni millenariste non ci interessano, quelle cabalistiche ancora meno. Ma sembra che una fuliggine maledetta si sia posata sull'Italia per sporcarne il destino. La tragedia della Concordia spiaggiata come un cetaceo davanti all'isola del Giglio con il suo bagaglio di 32 morti a testimoniare la nostra inettitudine. Poi la psicosi indiscriminata per la crisi economica che ha portato persone perbene a gesti estremi. E ancora il ritorno raccontato sottovoce (forse per paura) della stella rossa a cinque punte sui muri delle nostre città, fetido ricordo di una stagione che speravamo archiviata.
E adesso, in questi due giorni nei quali erano previsti solo la pioggia e il Giro d'Italia, ecco la bomba che uccide la giovane Melissa, che spegne il suo sorriso e ferma i capelli mossi dal vento. E pretende di raccontarci una giovinezza stroncata dalla malavita organizzata e dall'eterno ricatto della vendetta. Non avevamo ancora finito d'interrogarci, di capire il senso di un gesto così assurdo e disumano – bombole di gas nel cassonetto e un orco che schiaccia il pulsante del telecomando da lontano, come lo Sciacallo del film – ed ecco la notte del lungo incubo.
La bestia sotto terra si è mossa di nuovo: venti secondi che la notte e il terrore hanno trasformato in venti minuti, un lungo fremito che ha scosso l'Emilia, ha causato pianti e vittime, tremila sfollati, ha fatto scendere in strada gli abitanti di mezza regione, ha ripetuto più volte la sua violenza ed è stato avvertito da Milano a Venezia. La Torre dell'orologio di Finale Emilia, che prima di crollare definitivamente sembrava morsa dalla mandibola di un mostruoso animale, era stata al suo posto, perfetta e orgogliosa, per cinquecento anni, testimonianza di ciò che esiste da sempre e per sempre. Ridotta a torsolo di mela, con il quadrante spezzato e le lancette disintegrate un attimo prima di sbriciolarsi, è il simbolo allucinato di qualcosa che finisce, del tempo che si ferma. Un'immagine gotica, senza domani. Mancano i pipistrelli roteanti, in questa giornata di malinconia.
Anno 2012, abbiamo già dato. Non abbiamo più pagine per notizie così, le abbiamo finite. E proprio adesso, davanti all'ineluttabilità del male, dobbiamo cogliere l'insegnamento supremo: non c'è economia in difficoltà, non c'è crisi, non c'è destino negativo che valga la persona, che si possa sostituire ai pilastri morali della nostra società, che sia in grado di annientare la forza e la curiosità dell'uomo. La sua capacità di immaginarsi un futuro, di costruirlo e di difenderlo. Questo ci dice la storia della piccola Vittoria, cinque anni, che ha rischiato di morire nella notte della grande scossa, ma è stata estratta dalle macerie sana e salva grazie alla telefonata di un medico da New York. Vivere, nonostante tutto. Come avrebbero voluto fare le 32 vittime della Concordia. O Melissa fino a sabato mattina, quando ancora sorrideva al mondo.
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