LA STAMPA,19/4/2012
Perché Monti continua a farci del male, agitando lo spettro della Grecia? Possibile che nella squadra dei tecnici non ci sia uno psicologo in grado di spiegargli che i cittadini non sono bambini da spaventare, ma adulti da motivare? Anche ieri la solita storia: cari italiani, se non vi tassassimo a sangue, fareste la fine di Atene. Nel racconto montiano l’Italia è un viandante sopravvissuto miracolosamente alla prima fase della carneficina, ma tuttora inseguito da un branco di lupi a cui ogni giorno deve sacrificare uno stinco o un gomito per avere salva la vita. Una fotografia vera, ma schiacciata sul presente. Manca ciò che da tempo si chiede invano ai governanti: una visione del futuro. Aumentare la benzina è un’aspirina, non una cura. E non lo è neppure combattere l’economia sommersa dei privati senza toccare la spesa pubblica e il sottobosco corrotto della burocrazia.
I nostri nonni possedevano il nulla, ma si sentivano dire dalla politica che, sgobbando con passione, avrebbero potuto avere tutto o almeno qualcosa. Adesso il sentimento dominante nel discorso pubblico non è più la voglia, ma la paura. Quella peggiore, poi: la paura di perdere, anticamera della sconfitta sicura. Il cittadino è disposto a sacrificarsi se gli si offrono una direzione di marcia e una prospettiva di riscossa. Ma se ci si limita a spaventarlo col babau della povertà, lungi dal reagire si dispera e si arrende. Forse, oltre che uno psicologo, a questa squadra di tecnici manca un filosofo. Uno che li aiuti a capire che nel destino delle nazioni esiste qualcosa di più grande dello spread.
Perché Monti continua a farci del male, agitando lo spettro della Grecia? Possibile che nella squadra dei tecnici non ci sia uno psicologo in grado di spiegargli che i cittadini non sono bambini da spaventare, ma adulti da motivare? Anche ieri la solita storia: cari italiani, se non vi tassassimo a sangue, fareste la fine di Atene. Nel racconto montiano l’Italia è un viandante sopravvissuto miracolosamente alla prima fase della carneficina, ma tuttora inseguito da un branco di lupi a cui ogni giorno deve sacrificare uno stinco o un gomito per avere salva la vita. Una fotografia vera, ma schiacciata sul presente. Manca ciò che da tempo si chiede invano ai governanti: una visione del futuro. Aumentare la benzina è un’aspirina, non una cura. E non lo è neppure combattere l’economia sommersa dei privati senza toccare la spesa pubblica e il sottobosco corrotto della burocrazia.
I nostri nonni possedevano il nulla, ma si sentivano dire dalla politica che, sgobbando con passione, avrebbero potuto avere tutto o almeno qualcosa. Adesso il sentimento dominante nel discorso pubblico non è più la voglia, ma la paura. Quella peggiore, poi: la paura di perdere, anticamera della sconfitta sicura. Il cittadino è disposto a sacrificarsi se gli si offrono una direzione di marcia e una prospettiva di riscossa. Ma se ci si limita a spaventarlo col babau della povertà, lungi dal reagire si dispera e si arrende. Forse, oltre che uno psicologo, a questa squadra di tecnici manca un filosofo. Uno che li aiuti a capire che nel destino delle nazioni esiste qualcosa di più grande dello spread.
Puo' succedere ch continuando ad urlare"al lupo, al lupo" si finisca per rimanere indifferenti.Ritengo che il cittadino debba temere chi ci governa piu' dello spread che continuamente passeggia in su o in giu'. Il vero pericolo e' il comportamento dei politicanti e soci che sono incapaci di risolvere i problemi;aumentare le tasse e' l'azione piu' semplice, provino ad aumentare l'occupazione ed a ridurre le spese inutili.
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