La sponda del Colle e la partita di Bruxelles
ANDREA FERRARI
Mentre il Falcon della presidenza del Consiglio portava Enrico Letta e Fabrizio Saccomanni al vertice europeo, al Quirinale ieri pomeriggio Giorgio Napolitano riceveva Silvio Berlusconi. Qualche critico irriducibile del berlusconismo trovava da eccepire sul fatto che il capo dello Stato ricevesse nella sede istituzionale un fresco condannato per prostituzione minorile e concussione per costrizione, ma la mossa presidenziale aveva comunque un indubbio significato politico: veniva cioè mandato un segnale a Bruxelles e a tutti gli alleati con cui si rassicurava sul fatto che l'Italia ha un governo in grado di andare avanti, sostenuto da tutti i partiti, compreso quello il cui leader è stato giustappunto condannato da un Tribunale della Repubblica. E infatti, come da copione, Berlusconi nell'occasione assicurava pubblicamente il presidente della Repubblica sul suo proposito di sostenere Letta e il suo gabinetto. L'udienza quirinalizia aveva il chiaro scopo di metter fine alle «continue fibrillazioni» della politica italiana, come le chiama Napolitano, distinguendo il piano giudiziario da quello politico (cosa che in un Paese normale non si potrebbe fare – ma noi facciamo tutto strano, pazienza) e dunque dotando Letta in missione a Bruxelles di una credibilità messa seriamente in discussione negli ultimi quattro-cinque giorni. Letta in realtà va al Consiglio europeo anche con le misure appena approvate sul lavoro, specialmente giovanile, per poter battagliare con i tedeschi e tirar fuori dalla riunione qualcosa di più che un generico buon intendimento, soprattutto spillare qualche soldo da spendere in patria. Il presidente del Consiglio, accortamente, ha fatto della lotta alla disoccupazione giovanile la cifra della sua politica nazionale ed europea e questo di per sé gli conferisce una certa forza al tavolo negoziale, essendo tutti nella Ue assillati da un fenomeno sempre più grave (da noi, in Spagna, in Grecia è gravissimo, ma altrove non stanno molto meglio). Insomma: Consiglio dei ministri in mattinata, colazione del governo al Quirinale e udienza di Berlusconi al pomeriggio sono stati gli atti di un copione messo a punto nei dettagli da Letta e Napolitano in modo da blindare il più possibile il governo dagli scossoni arrivati da Milano (sentenza Ruby) e da quelli che provengono dai mercati sempre più nervosi. A proposito di questi ultimi, non sarà un caso che la Procura di Roma abbia aperto un fascicolo sulla pubblicazione da parte de «La Repubblica» dello scoop sui derivati che renderebbero vulnerabile il bilancio dello Stato: la pubblicazione di queste notizie sul giornale di De Benedetti e sul Financial Times, oltre alla diffusione di un misterioso report di Mediobanca sul presunto possibile default dell'Italia tra sei mesi, fanno pensare a una certa strategia politico-mediatico-affaristica che punterebbe alla caduta di Letta e alla rottura dell'intesa con Berlusconi.
Anche in questo caso il colloquio del presidente della Repubblica col Cavaliere è servito a frenare la fretta di certi ambienti (che rintraccerete stamattina su qualche giornale che sicuramente pubblicherà scandalizzati anche se rispettosi commenti alle mosse di Napolitano).
Anche in questo caso il colloquio del presidente della Repubblica col Cavaliere è servito a frenare la fretta di certi ambienti (che rintraccerete stamattina su qualche giornale che sicuramente pubblicherà scandalizzati anche se rispettosi commenti alle mosse di Napolitano).
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