La Germania a tre euro
Giorgio Gandola - L'ECO DI BERGAMO
Tre euro all'ora. Meno di quanto raccoglie un parcheggiatore abusivo o un lavavetri al semaforo, eppure è una retribuzione ufficiale. Ufficiale e tedesca, per la precisione. Si tratta dello stipendio di cinque milioni di giovani assunti con la formula del «mini job», vale a dire 450 euro al mese senza contributi previdenziali né imposizione fiscale. E' un contratto introdotto dal governo Schroeder nel 2005 per favorire l'occupazione degli studenti durante l'estate ed è piaciuto così tanto che gli imprenditori lo hanno adattato a numerose altre esigenze con il supporto acquiescente della politica e del sindacato. Tre euro all'ora è un parametro vagamente cinese. Con questo costo del lavoro (tra l'altro gli imprenditori che applicano il mini job hanno finanziamenti dallo Stato) non dev'essere così difficile confermarsi locomotiva d'Europa e impartire lezioni di rettitudine finanziaria a pranzo e a cena. Se n'è accorto il Belgio, che ha fatto scoppiare lo scandalo chiedendo a Bruxelles l'apertura di un procedimento di infrazione nei confronti di Berlino per concorrenza sleale. Oltre ai cinque milioni di giovani, donne e immigrati con il mini job ce ne sarebbero altri 2,5 che cumulano questa tipologia di contratto con un'altra occupazione. Salario da fame e nessuna ipotesi di pensione: i sacri testi di Bruxelles riguardo al welfare dicono ben altro. Se domani Enrico Letta sarà in difficoltà a far valere i diritti dei cittadini italiani, può sempre pronunciare le due paroline magiche: tre euro.
Gente priva di fantasia. Costretta a copiare addirittura dai cinesi come si fa a sfruttare la mano d'opera.
RispondiEliminaSe gli dai un foglio di carta tagliato in due, per loro è un puzzle.
E poi vengono proprio da noi ad impartire lezioni di morale e rettitudine...