Bagnasco: crimine demolire la famiglia «Populismi inconcludenti e dannosi»
I richiami del presidente dei vescovi italiani: i dati sul lavoro non ammettono repliche «Il gioco d'azzardo divora i giovani». «Deserto di valori dietro la violenza sulle donne»
Nostro servizio Città del Vaticano
Alberto Bobbio - L'ECO DI BERGAMO.
L'emergenza non è passata, anzi ne «siamo nel vortice». È come un'«onda irriducibile e crescente che ci assedia». Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente dei vescovi italiani, ha aperto ieri sera in Vaticano la 65ª assemblea della Cei con parole preoccupate per una società che ha definito «al bivio». Il bene del Paese Non ha mai citato il governo, né la politica delle larghe intese. Ha ribadito che ai vescovi non sta a cuore «una formula specifica», ma per il resto ha usato parole molto severe. Ha spiegato che «dopo un periodo di non piccoli passaggi istituzionali» la «buona politica» deve anteporre all'interesse personale e di parte il «bene generale, cioè il bene del Paese». Altrimenti il potere si «deforma nei suoi volti peggiori». Ha proposto un ragionamento generale e l'unico riferimento diretto, pur senza nominarlo, è per il presidente delle Repubblica, Giorgio Napolitano: «In questi tempi abbiamo visto, ad alti livelli, gesti e disponibilità esemplari che devono ispirare tutti». Ma abbiamo visto anche, contrappone Bagnasco, «situazioni intricate e personalismi che hanno assorbito energie e tempo degni di ben altro impiego, vista la mole e la complessità dei problemi che assillano famiglie, giovani e anziani». L'ora non lo permette, anzi è talmente urgente che «qualunque intoppo o impuntatura, da qualunque parte provenga, resterà iscritta nella storia». Ripercorre le vicende che ci separano dalle elezioni politiche di febbraio e rivendica ai cittadini italiani il diritto di avere un governo e un Parlamento formato da gente che pensa al Paese «senza distrazioni, tattiche o strategiche che siano». E ammonisce: «Le vicende che hanno segnato il nostro Paese sul piano politico e istituzionale devono far riflettere e innescare un serio esame di coscienza». Bagnasco invita a pensare alla gente, evitando «populismi inconcludenti e dannosi», mettendo sul tavolo le «migliori risorse dell'intelletto, di competenza e di cuore». L'anticonformismo Critica l'anticonformismo se è «smania di apparire originali, fuori dal coro». L'anticonformismo che piace ai vescovi è invece quello rispettoso della realtà, libero dal «così fan tutti», frutto di ascesi intellettuale e morale e di «coraggio per resistere alle pressioni del pensiero unico». E critica il «clima di ostinata contrapposizione, che a momenti alterni si deve registrare tanto a livello privato che pubblico». Tuttavia, rimarca che nessuno può assolversi, definendo ciò che accade una sorta di «male comune», soprattutto se si portano responsabilità pubbliche.
Poi mette in fila le priorità, perché alla Chiesa il presidente della Cei rivendica il ruolo di «pungolo fraterno per la città degli uomini». Ricorda il dramma del lavoro con le stesse parole usate pochi giorni fa a Genova: «La lama più dolorosa nella carne della gente». E qui va oltre l'analisi indicando soluzioni. Riprende i contenuti del recente Rapporto-proposta del Progetto culturale della Cei sul lavoro e sottolinea che «le statistiche pubbliche sul lavoro e l'occupazione sono eloquenti e non ammettono repliche». Chiede un forte e deciso piano industriale per superare la crisi e rilanciare l'economia. Ne tratteggia addirittura le caratteristiche, secondo la formula della protezione del Made in Italy: «Tenere in casa il patrimonio e la professionalità italiana» e «rilanciare con tenacia la produzione nazionale insieme alla necessaria attenzione finanziaria». E commenta: «Così che, dicono gli esperti, la macchina si rimetta nuovamente in moto». Accenna anche alle politiche fiscali, che definisce «pesanti». Non fa alcuna analisi di quanto fatto dal governo Monti, né alle polemiche che quotidianamente si susseguono. Si limita icasticamente a una domanda, ma assai pesante: «Fino a quando potranno raccogliere risorse se tutto rallenta?». Il nuovo alfabeto Bagnasco cita il Papa, i suoi interventi recentissimi sull'economia e sul lavoro, spiega che la soluzione al calo del consumi e quindi alla produzione e quindi all'occupazione non è il lavoro domenicale, che «sottomette» la persona «all'economia, senza peraltro evidenti vantaggi», anzi con «danni incalcolabili» per la società. E poi va all'attacco di chi continua a lasciare sola la famiglia «senza politiche consistenti, incisive e immediate»: «Essa è un bene universale e demolirla è un crimine». La frase è durissima e riprende la critica di molte associazioni cattoliche al governo Letta di non aver previsto nemmeno una delega per le politiche familiari. Nell'agenda infila cose altrettanto importanti per quello che chiama «l'alfabeto dell'umano»: il «gioco d'azzardo che divora giovani, anziani e famiglie»; la «smania mortale di sfide e brivido estremo, che manifesta non coraggio, ma il devastante vuoto interiore che genera spregio della vita propria e altrui»; e «la ricorrente violenza sulle donne a cui assistiamo con raccapriccio» e che indica «deserto di valori spirituali e morali». E infine la malavita che continua a «lucrare sulle difficoltà» del Meridione.
Poi mette in fila le priorità, perché alla Chiesa il presidente della Cei rivendica il ruolo di «pungolo fraterno per la città degli uomini». Ricorda il dramma del lavoro con le stesse parole usate pochi giorni fa a Genova: «La lama più dolorosa nella carne della gente». E qui va oltre l'analisi indicando soluzioni. Riprende i contenuti del recente Rapporto-proposta del Progetto culturale della Cei sul lavoro e sottolinea che «le statistiche pubbliche sul lavoro e l'occupazione sono eloquenti e non ammettono repliche». Chiede un forte e deciso piano industriale per superare la crisi e rilanciare l'economia. Ne tratteggia addirittura le caratteristiche, secondo la formula della protezione del Made in Italy: «Tenere in casa il patrimonio e la professionalità italiana» e «rilanciare con tenacia la produzione nazionale insieme alla necessaria attenzione finanziaria». E commenta: «Così che, dicono gli esperti, la macchina si rimetta nuovamente in moto». Accenna anche alle politiche fiscali, che definisce «pesanti». Non fa alcuna analisi di quanto fatto dal governo Monti, né alle polemiche che quotidianamente si susseguono. Si limita icasticamente a una domanda, ma assai pesante: «Fino a quando potranno raccogliere risorse se tutto rallenta?». Il nuovo alfabeto Bagnasco cita il Papa, i suoi interventi recentissimi sull'economia e sul lavoro, spiega che la soluzione al calo del consumi e quindi alla produzione e quindi all'occupazione non è il lavoro domenicale, che «sottomette» la persona «all'economia, senza peraltro evidenti vantaggi», anzi con «danni incalcolabili» per la società. E poi va all'attacco di chi continua a lasciare sola la famiglia «senza politiche consistenti, incisive e immediate»: «Essa è un bene universale e demolirla è un crimine». La frase è durissima e riprende la critica di molte associazioni cattoliche al governo Letta di non aver previsto nemmeno una delega per le politiche familiari. Nell'agenda infila cose altrettanto importanti per quello che chiama «l'alfabeto dell'umano»: il «gioco d'azzardo che divora giovani, anziani e famiglie»; la «smania mortale di sfide e brivido estremo, che manifesta non coraggio, ma il devastante vuoto interiore che genera spregio della vita propria e altrui»; e «la ricorrente violenza sulle donne a cui assistiamo con raccapriccio» e che indica «deserto di valori spirituali e morali». E infine la malavita che continua a «lucrare sulle difficoltà» del Meridione.
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