Prove tecniche di governo a vista
di Giorgio Gandola
Apriscatole o rompiscatole? Beppe Grillo passa da una provocazione all'altra ed è felice di interpretare entrambi i ruoli in commedia, dentro un Parlamento ribollente di folclore e di «trùllera» (traduzione dal milanese: giuliva) superficialità. Ma una volta spedite le foto su Twitter, una volta superata l'emozione da corridoio dei passi perduti, una volta imparato a farsi il nodo alla cravatta, anche i grillini cominciano a farsi un'idea di come dare una mano a governare un Paese che sta tornando lentamente ma inesorabilmente sull'orlo del baratro. Lo dimostra l'elezione di Pietro Grasso a presidente del Senato, arrivata dopo il primo «liberi tutti» del popolo con lo zainetto; senza quel colpo di mano saremmo alla paralisi istituzionale. Più semplice la nomina di Laura Boldrini alla Camera, dove il premio di maggioranza rende più agevoli le manovre del centrosinistra. Primo round a Bersani, anche se il monocolore Pd nelle due presidenze potrebbe precludere definitivamente alleanze (anche striscianti) con il centrodestra in previsione dei giorni grami. Perchè la crisi non fa sconti ai neofiti e neppure ai veterani. La crisi si risveglia e ci risveglia dalla sbornia elettorale con la forza dei numeri: il debito pubblico ha di nuovo sfondato il tetto dei duemila miliardi e fra tre mesi, in assenza di un progetto serio di rilancio dell'economia, l'Iva passerà automaticamente dal 21 al 22 per cento. Vale a dire una nuova legnata sui consumi. Mentre nel resto d'Europa (Francia, Spagna e Portogallo compresi) si tende a rialzare la testa e le stime di crescita, i sacrifici degli italiani nell'annus horribilis 2012 vengono allegramente vanificati dall'assenza di un governo e di conseguenza di una politica di sviluppo. Metafora obbligata: dopo tre anni di bonaccia si avverte un refolo, il mare s'increspa. Ma mentre gli altri issano le vele in fretta per cogliere i benefici della brezza e ripartire, noi litighiamo sulla composizione dell'equipaggio, sul nome del capitano e sulla rotta. Diciamolo subito a scanso di equivoci: in questa fase il leader più in difficoltà è Pierluigi Bersani. Da giorni ripete: «Ci sono cose urgenti da fare e stiamo perdendo settimane». Come se non fosse lui, primo dei non vincenti, a doversi assumere la responsabilità di indicare la via. Invece ha rincorso Grillo per ogni corridoio con un mazzo di fiori in mano, subendone le sprezzanti angherie. Poi ha fatto il Grillo con il Pdl, chiudendosi ogni via di fuga alternativa. E adesso si ritrova a dover trattare su tutto e con tutti – con il Berlusconi accecato, il Monti depresso e il popolo degli apriscatole – senza uno straccio di maggioranza possibile. Un anno così, con una perenne negoziazione su tutto come nel suk di Casablanca, non è immaginabile. In altri Paesi il governo di larghe intese sarebbe risultato indispensabile e i partiti avrebbero superato veti incrociati post-ideologici per il bene comune. In Francia con Mitterrand fu «éntente cordiale», in Germania con l'ultimo Schroeder e con la prima Merkel fu «grosse koalition», in Italia è lotta continua. Una coalizione allargata oggi sarebbe indispensabile per non andare a sbattere contro un muro che tutti vedono tranne i partiti, ma da noi viene rigettata già dal nome: inciucio. Poiché nel Paese della moda e del design ci si ferma spesso alla forma, nessuno vuole avventurarsi alla ricerca della sostanza. Però attenzione a questa interminabile ricreazione. I mercati sembrano distratti e ci concedono tempo, ma il giorno in cui dovessero tornare a concentrarsi sui nostri numeri, ci metterebbero in ginocchio in una settimana. Così, mentre il Vaticano ha risolto in un mese un problemino mai affrontato negli ultimi ottocento anni (le dimissioni di un Papa), da questa parte del Tevere nessuna lezione è finora servita. Abbiamo i presidenti di Camera e Senato solo perché i grillini hanno avuto l'indicazione di andare sciolti al ballottaggio a palazzo Madama. Ma non illudiamoci, da domani si fa sul serio. Con la conferma che il Paese è appeso agli umori quotidiani di Grillo e dei suoi ragazzi. Pollice retto o pollice verso, dipende da come si svegliano. Auguri.
Per il bene del Paese.
RispondiEliminaFuori Bersani, dentro Renzi. Fuori Berlusconi, dentro (Gianni Letta? Chiunque meno Berlusconi?).
Accordo di governo per poche riforme, legge elettorale in primis, poi tutti a casa e nuove lezioni.
Sperando che si torni a fare politica per la gente, non solo polemica per le poltrone.
il grillo sembra che abbia dato fiducia al senato.. e non racconti palle in giro dicendo l hanno tradito il pd è gonfio di soldi questi sono affamati ...tombola
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