Cronache
italiane del dopo default
Figliolo,
sganciati un attimo da quegli ologrammi animati e dai un'occhiata
fuori dall'oblò: una volta questa era l'Italia! Guarda laggiù, tra
le spiagge delle coltivazioni di branzini e gli Appennini livellati
dalla transcontinentale africana si nota ancora la sagoma di un
vecchio stivale... Lo chiamavano Belpaese perché in passato è stato
culla di fiorenti civiltà, centro di un grande impero, patria di
molti artisti. Sì, lo so che sai già tutte queste cose, sono nel
data base di storia, ma forse non conosci tutto quello che è
accaduto nel P. D., Prima del Default. Che poi è la ragione che ci
ha portati qui. Era un periodo di grande confusione, l'economia del
Paese boccheggiava, la politica più che risolvere creava problemi e
lo scontento sociale ribolliva. Intanto il debito pubblico cresceva e
lo Stato firmava «pagherò» a tassi di interesse sempre più alti.
Le ennesime elezioni non fecero chiarezza: in Parlamento finirono
conservatori, riformisti e rivoluzionari.
Tre forti espressioni della volontà popolare però incompatibili, era come cercare di mescolare acqua e olio: non si trovava una formula stabile di governo. Serviva una personalità super partes in grado di raccogliere un ampio consenso. Esauriti gli usurati candidati istituzionali, il presidente uscente giocò l'ultima carta disperata chiamando in causa un personaggio extra politico sulla breccia della popolarità da decenni, sinonimo di giustizia sociale e simpatia. Fu così che venne convocato il Gabibbo e le Camere non ebbero nulla da obiettare, consegnandogli un mandato di piena fiducia. Del resto l'ombra delle inchieste di capitan Ventosa incombeva sugli eventuali oppositori. Il primo passo non fu, come auspicato dal ministro dei Beni culturali Claudio Bisio, l'invasione della Svizzera per riguadagnare i capitali fuggiti, ma una proposta di resa incondizionata al Vaticano. Proposta che Papa Francesco declinò gentilmente: bueno, sono per una Chiesa povera, ma non fessa. Il Trio Medusa, delegato alla Giustizia, avviò una lotta senza quartiere all'evasione abolendo la Guardia di Finanza per istituire il Corpo delle Veline: gli evasori si abbandonavano in confidenze fiscalmente compromettenti davanti a un drink in compagnia di belle ragazze. Il quadro riformatore si completò con l'elezione del nuovo presidente: Paolo Villaggio, in arte Ugo Fantozzi, che pur incarnando lo spirito abbacchiato del Paese da buon ragioniere poteva far valere un solido titolo di tecnico. E il pezzo di carta sortì il suo effetto quando, presentatosi in Germania nelle vesti del professor Kranz, paventò una guerra dei bretzel (tipici salatini alsaziani) ottenendo da una Merkel intimorita la calmierazione dello spread. L'Italia però doveva continuare il cammino per l'azzeramento del deficit e la soluzione fu radicale: la Repubblica venne trasformata in società per azioni e i cittadini in qualità di azionisti si dovevano accollare quote di debito da smaltire. I venditori più capaci si manifestarono al Sud e al Centro: ignari magnati russi acquistarono fontana di Trevi, Colosseo e Pompei per fantastilioni di rubli per poi accorgersi che si trattava di riproduzioni in miniatura. Anche l'economia riprendeva a girare con l'introduzione di nuovi modelli Fiat di auto a pedali: risparmiose e tonificanti. Ma un imprevisto rovinò tutto: il premier Gabibbo morso dal suo tapiro fu preso dalla febbre e dichiarò che l'Italia sarebbe uscita dall'euro per tornare al sesterzio. Era di nuovo il caos. Fortunatamente un commercialista in pensione in visita all'osservatorio astronomico capì che la sequenza armonica della pulsar nella nebulosa del Granchio non era un fenomeno naturale ma una precisa opa – un'offerta di pubblico acquisto in linea con i canoni della Consob – e comunicò la sua scoperta alla ministra delle Comunicazioni Maria De Filippi. Dopo una breve trattativa si arrivò all'accordo per il noleggio del Paese: cinque anni in cambio del ripianamento dei debiti. Scoprirono troppo tardi che si trattava di cinque anni galattici. Adesso preparati per l'atterraggio, a Roma non si trova mai un posto per l'auto, figuriamoci per un disco volante.
Tre forti espressioni della volontà popolare però incompatibili, era come cercare di mescolare acqua e olio: non si trovava una formula stabile di governo. Serviva una personalità super partes in grado di raccogliere un ampio consenso. Esauriti gli usurati candidati istituzionali, il presidente uscente giocò l'ultima carta disperata chiamando in causa un personaggio extra politico sulla breccia della popolarità da decenni, sinonimo di giustizia sociale e simpatia. Fu così che venne convocato il Gabibbo e le Camere non ebbero nulla da obiettare, consegnandogli un mandato di piena fiducia. Del resto l'ombra delle inchieste di capitan Ventosa incombeva sugli eventuali oppositori. Il primo passo non fu, come auspicato dal ministro dei Beni culturali Claudio Bisio, l'invasione della Svizzera per riguadagnare i capitali fuggiti, ma una proposta di resa incondizionata al Vaticano. Proposta che Papa Francesco declinò gentilmente: bueno, sono per una Chiesa povera, ma non fessa. Il Trio Medusa, delegato alla Giustizia, avviò una lotta senza quartiere all'evasione abolendo la Guardia di Finanza per istituire il Corpo delle Veline: gli evasori si abbandonavano in confidenze fiscalmente compromettenti davanti a un drink in compagnia di belle ragazze. Il quadro riformatore si completò con l'elezione del nuovo presidente: Paolo Villaggio, in arte Ugo Fantozzi, che pur incarnando lo spirito abbacchiato del Paese da buon ragioniere poteva far valere un solido titolo di tecnico. E il pezzo di carta sortì il suo effetto quando, presentatosi in Germania nelle vesti del professor Kranz, paventò una guerra dei bretzel (tipici salatini alsaziani) ottenendo da una Merkel intimorita la calmierazione dello spread. L'Italia però doveva continuare il cammino per l'azzeramento del deficit e la soluzione fu radicale: la Repubblica venne trasformata in società per azioni e i cittadini in qualità di azionisti si dovevano accollare quote di debito da smaltire. I venditori più capaci si manifestarono al Sud e al Centro: ignari magnati russi acquistarono fontana di Trevi, Colosseo e Pompei per fantastilioni di rubli per poi accorgersi che si trattava di riproduzioni in miniatura. Anche l'economia riprendeva a girare con l'introduzione di nuovi modelli Fiat di auto a pedali: risparmiose e tonificanti. Ma un imprevisto rovinò tutto: il premier Gabibbo morso dal suo tapiro fu preso dalla febbre e dichiarò che l'Italia sarebbe uscita dall'euro per tornare al sesterzio. Era di nuovo il caos. Fortunatamente un commercialista in pensione in visita all'osservatorio astronomico capì che la sequenza armonica della pulsar nella nebulosa del Granchio non era un fenomeno naturale ma una precisa opa – un'offerta di pubblico acquisto in linea con i canoni della Consob – e comunicò la sua scoperta alla ministra delle Comunicazioni Maria De Filippi. Dopo una breve trattativa si arrivò all'accordo per il noleggio del Paese: cinque anni in cambio del ripianamento dei debiti. Scoprirono troppo tardi che si trattava di cinque anni galattici. Adesso preparati per l'atterraggio, a Roma non si trova mai un posto per l'auto, figuriamoci per un disco volante.
Gianlorenzo Barollo
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