Buongiorno
26/03/2013
Con un poco di zucchero
Mi appoggiai a una parete dell’orrido budello, reprimendo il desiderio di vomitare. Venni scavalcato da una comitiva di tedeschi, che non mi degnò di uno sguardo, e da una di francesi, che mi rivolse smorfie schifate, come se fosse inciampata nei detriti di un debosciato. Poi sentii una voce: «Ehi mister? Mister… ahò!» Alzai gli occhi e nell’oscurità del budello inquadrai la sagoma di un ragazzino con le braccia tatuate e la maglia numero 10 di Totti. Non poteva sapere di che nazionalità fossi: indossavo un capellino da baseball e un giubbotto pieno di scritte in inglese. Ero semplicemente un essere umano. «You are ok?» si informò. Rantolai qualcosa e allora lui cercò la risposta nelle saccocce dei suoi jeans. Estrasse una bustina di zucchero da bar, sudaticcia e spiegazzata, e me la porse.
In qualche modo riemersi alla luce, ma quella bustina giace tuttora in un cassetto della mia scrivania. Ogni volta che penso a quanto siamo diventati cupi e rabbiosi, apro il cassetto e mi dico che ho torto. Che anche sotto l’egoismo amaro dei disperati giace uno strato di zucchero. Basta scavare.
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