Lorsignori e il deficit morale del potere
L'ECO DI BERGAMO,Sabato 22 Settembre 2012
Andrea Ferrari
Il miserabile spettacolo offerto dal centrodestra al governo della Regione Lazio dà un'ulteriore spinta ai movimenti della cosiddetta antipolitica. E si capisce il perché: il cittadino che cerca di resistere alla morsa della crisi vede che quasi tutta una classe di governo gode ingiustificatamente di enormi fondi pubblici usati da quei signor nessuno per arricchirsi e per garantirsi una vita sardanapalesca. E guardando quella scena il cittadino s'infuria e giustamente manda tutti al diavolo. È difficile dargli torto. Come togliere dalla testa di un disoccupato, di un cassintegrato, di un lavoratore tartassato dalle tasse che quei politici viterbesi o ciociari oggi sotto inchiesta sono in realtà dei parassiti che distruggono la pianta della società cibandosi delle sue fibre? I politici che vediamo apparire sui teleschermi dimostrano, con le parole e l'aspetto prima ancora che con i comportamenti, la loro natura di gente senza arte né parte che ha scoperto l'intrallazzo politico e ne ha fatto la ragione di vita. È preziosa benzina per i grillismi di vario tipo e non possiamo che preoccuparcene.
Ma lo scandalo della Regione Lazio segnala un altro elemento: la crisi morale e politica del Pdl, il partito che si è nutrito finora del carisma del leader e del potere che esso ha fatto conquistare a Roma come negli enti locali. Ora che quel potere si è drasticamente ridotto e minaccia di assottigliarsi ancor di più, il partito si rivela per quel che è: un prodotto di laboratorio per essere docile strumento per i fini del fondatore. E se il fondatore si defila, mostra incertezza e anche poca voglia di tornare sulla scena dopo la caduta del suo governo e nemmeno indica un successore. Il partito – come ogni corte – si frantuma in mille pezzi, facendo venire alla luce le divisioni e i personalismi, gli odi e le liti meschine. È quel che è successo nel Lazio: la lotta continua tra gli ex missini (maggioritari) e gli ex azzurri di Forza Italia è rimasta sotterranea fino a quando si vinceva e si distribuivano le ricche prebende. Ora che non si sa come andranno a finire le cose, esplodono gli scandali e tutti accusano tutti, in una chiamata di correità generale che porta solo all'autodistruzione. Berlusconi si limita a chiudere le falle, ottenendo dalla governatrice Polverini la rinuncia alle dimissioni e fermando le tentazioni scissionistiche degli ex An, ma senza riuscire ad imprimere la svolta che sarebbe necessaria. È verosimile che lo stesso Berlusconi, guardando come è composta la classe dirigente locale oggi nel mirino degli inquirenti, qualche motivo di sconforto finisca per provarlo.
Lo sfarinamento di un centrodestra travolto dalla questione morale, e non solo nel Lazio, e questa perdurante latitanza del suo leader sono un serio problema per le nostre istituzioni ora che si avvicinano le elezioni e mentre veniamo a sapere che anche l'anno prossimo saremo in recessione e che i disoccupati aumenteranno insieme alla pressione fiscale. Ci sarebbe bisogno di un centrodestra coeso intorno ad una leadership capace di futuro e contemporaneamente ci sarebbe bisogno di un'alleanza chiara di centrosinistra programmaticamente omogenea. Per il momento non abbiamo né l'uno né l'altra e oltretutto non sappiamo nemmeno come andremo a votare, giacché di accordi sulla riforma elettorale ancora non si vede l'ombra. Forse se ne potrebbe giovare la prospettiva di un governo guidato ancora da Monti e sorretto da più forze insieme. Non lo sappiamo al momento e questo non fa che accentuare la nostra incertezza.
Il punto è che un Paese privato di una guida autorevole e forte del consenso popolare non può battere la crisi economica più grave dal 1929 ad oggi.
L'ECO DI BERGAMO,Sabato 22 Settembre 2012
Andrea Ferrari
Il miserabile spettacolo offerto dal centrodestra al governo della Regione Lazio dà un'ulteriore spinta ai movimenti della cosiddetta antipolitica. E si capisce il perché: il cittadino che cerca di resistere alla morsa della crisi vede che quasi tutta una classe di governo gode ingiustificatamente di enormi fondi pubblici usati da quei signor nessuno per arricchirsi e per garantirsi una vita sardanapalesca. E guardando quella scena il cittadino s'infuria e giustamente manda tutti al diavolo. È difficile dargli torto. Come togliere dalla testa di un disoccupato, di un cassintegrato, di un lavoratore tartassato dalle tasse che quei politici viterbesi o ciociari oggi sotto inchiesta sono in realtà dei parassiti che distruggono la pianta della società cibandosi delle sue fibre? I politici che vediamo apparire sui teleschermi dimostrano, con le parole e l'aspetto prima ancora che con i comportamenti, la loro natura di gente senza arte né parte che ha scoperto l'intrallazzo politico e ne ha fatto la ragione di vita. È preziosa benzina per i grillismi di vario tipo e non possiamo che preoccuparcene.
Ma lo scandalo della Regione Lazio segnala un altro elemento: la crisi morale e politica del Pdl, il partito che si è nutrito finora del carisma del leader e del potere che esso ha fatto conquistare a Roma come negli enti locali. Ora che quel potere si è drasticamente ridotto e minaccia di assottigliarsi ancor di più, il partito si rivela per quel che è: un prodotto di laboratorio per essere docile strumento per i fini del fondatore. E se il fondatore si defila, mostra incertezza e anche poca voglia di tornare sulla scena dopo la caduta del suo governo e nemmeno indica un successore. Il partito – come ogni corte – si frantuma in mille pezzi, facendo venire alla luce le divisioni e i personalismi, gli odi e le liti meschine. È quel che è successo nel Lazio: la lotta continua tra gli ex missini (maggioritari) e gli ex azzurri di Forza Italia è rimasta sotterranea fino a quando si vinceva e si distribuivano le ricche prebende. Ora che non si sa come andranno a finire le cose, esplodono gli scandali e tutti accusano tutti, in una chiamata di correità generale che porta solo all'autodistruzione. Berlusconi si limita a chiudere le falle, ottenendo dalla governatrice Polverini la rinuncia alle dimissioni e fermando le tentazioni scissionistiche degli ex An, ma senza riuscire ad imprimere la svolta che sarebbe necessaria. È verosimile che lo stesso Berlusconi, guardando come è composta la classe dirigente locale oggi nel mirino degli inquirenti, qualche motivo di sconforto finisca per provarlo.
Lo sfarinamento di un centrodestra travolto dalla questione morale, e non solo nel Lazio, e questa perdurante latitanza del suo leader sono un serio problema per le nostre istituzioni ora che si avvicinano le elezioni e mentre veniamo a sapere che anche l'anno prossimo saremo in recessione e che i disoccupati aumenteranno insieme alla pressione fiscale. Ci sarebbe bisogno di un centrodestra coeso intorno ad una leadership capace di futuro e contemporaneamente ci sarebbe bisogno di un'alleanza chiara di centrosinistra programmaticamente omogenea. Per il momento non abbiamo né l'uno né l'altra e oltretutto non sappiamo nemmeno come andremo a votare, giacché di accordi sulla riforma elettorale ancora non si vede l'ombra. Forse se ne potrebbe giovare la prospettiva di un governo guidato ancora da Monti e sorretto da più forze insieme. Non lo sappiamo al momento e questo non fa che accentuare la nostra incertezza.
Il punto è che un Paese privato di una guida autorevole e forte del consenso popolare non può battere la crisi economica più grave dal 1929 ad oggi.
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