Thiago Silva
e il vizietto
della politica
italiana
da L'ECO DI BERGAMO,17/6/2012
È la sindrome di Thiago Silva. Che non è un economista brasiliano, ma un bravo calciatore del Milan con un curioso destino: nei giorni dispari viene ceduto al Paris St. Germain per risanare i bilanci della società (valore 47 milioni di euro) e in quelli pari è trattenuto dal presidente Berlusconi travolto dalla passione sportiva, su pressione dei figli e dei tifosi. Una volta si chiamava destino di Penelope: fare di giorno e disfare di notte. Ne parliamo perché ci sembra l'attitudine più frequente di un Paese nel vortice dell'incertezza, incapace di prendere decisioni forti per un rilancio vero. E abbiamo come la sensazione che Berlusconi abbia applicato la stessa strategia perdente nei 19 anni del suo Ventennio breve con i conti dello Stato. Sapeva che stavamo correndo verso il precipizio, da imprenditore liberale avvertiva in cuor suo la necessità di un risanamento dei conti che passasse da una rivoluzione del bolso apparato statale, ma non ha mai avuto il coraggio di iniziarlo per non rinunciare alla felice (e irresponsabile) tarantella che faceva da colonna sonora alla vita sua e a quella degli italiani. Oggi proprio l'ex premier, nel tentativo di rientrare in politica da protagonista, dice di avere studiato i discorsi di Beppe Grillo e si appresta a lanciare una campagna per sostenere l'uscita dell'Italia dall'euro nel nome della vecchia, cara liretta. Spiega che l'import-export volerebbe grazie a una maggiore duttilità della moneta disancorata da troppi parametri, ma si dimentica di aggiungere che il giorno dopo il cambio, i patrimoni degli italiani varrebbero il 40% in meno a causa dell'immediata svalutazione. Niente di male, anche perché domani è lunedì e lo stile della casa – negli ultimi tempi – è quello di cavalcare l'onda corta. Oggi con Monti, domani contro. Oggi con l'Europa, domani contro. Oggi con Fornero per una riforma del lavoro di stile imprenditoriale, domani (auscultata la piazza e per quieto vivere) contro. Il problema è che, senza riforme strutturali in funzione, il vivere non sarà mai più quieto per nessuno. I partiti soffrono della sindrome di Thiago Silva e non se ne preoccupano. L'esempio più recente ed eclatante arriva dalla Sardegna, dove i consiglieri regionali si sono ripresi con un blitz notturno lauti stipendi e indennità che il referendum popolare del 6 maggio scorso aveva opportunamente tagliato. Sorpresi dall'esito di quella consultazione popolare, i politici dell'isola hanno atteso la prima occasione buona e, nelle pieghe di un emendamento per stabilizzare i precari sardi, hanno infilato la leggina che restituisce le indennità anche per assistenti e portaborse (circa 3.300 euro a testa). I cittadini decidono, la Casta resiste. I cittadini fanno sacrifici, la Casta si arrangia. Un giorno giù le prebende, un altro si torni a scialare. Ma non è finita. Ieri il presidente della regione Sardegna Ugo Cappellacci (responsabile politico del blitz) ha tuonato contro la saggia e tanto attesa decisione del premier Monti di cominciare a rientrare dal debito pubblico vendendo beni pubblici. «I beni immobili situati nella regione spettano al patrimonio della regione, il governo non programmi vendite in violazione dello Statuto». Come se i suoi interessi fossero disgiunti da quelli dello Stato che gli finanzia debiti, prebende e blitz notturni a spese dei cittadini. Non ci resta che allargare le braccia e ricordare un vecchio motto lombardo: «Fare e disfare è tutto un lavorare». Difficile tradurlo, soprattutto in tedesco. Forse per questo l'operaio della Ruhr non capisce e non intende aprire il portafoglio per salvare i vizi levantini del nostro sgangherato Club Med.
Giorgio Gandola
Un altro vizietto all'italiana è quello dei giornalisti che il giorno prima osannano un uomo quale liberatore della patria e gli perdonano qualsiasi cosa perchè è il potente di turno, il giorno dopo, quand'egli è caduto in disgrazia, lo prendono a pesci in faccia. Chiederei all'Eco dov'era nel 2008 quando Berlusconi impostò la sua campagna elettorale su questioni persino più populistiche di questa. Forse allora al detentore della quota di maggioranza del giornale faceva comodo non dare fastidio?
RispondiEliminaIl pennaiolo