Dear Italia, c'è posta per te
giorgio gandola
La spesa pubblica continua ad ammontare a 800 miliardi. Lo ricordiamo per dovere di cronaca mentre il governo del fare – trasformatosi presto nel governo del dire – continua a girare attorno a risparmi di 6 miliardi (meno dell'uno per cento) con il congelamento di Imu e Iva. Ecco, mentre noi apriamo l'ombrellone per ripararci da Caronte, gli inglesi si danno da fare per esempio privatizzando le Poste. Un gesto rivoluzionario per un Paese che ha un rapporto non terrificante fra debito e Pil (89 per cento contro il nostro 130 per cento), ma che ha tutte le intenzioni di uscire dalla crisi più forte di come ci è entrato. Il governo Cameron ha deciso tagli per 11,5 miliardi di sterline, ha limato gli stipendi di tutto il settore pubblico e soprattutto ha messo in vendita la Royal Mail, una delle strutture postali più antiche e prestigiose del mondo. «Non è più strategica. Verseremo una lacrima e poi la asciugheremo con il fazzoletto», ha detto il ministro Michael Follon citando un motto che più o meno equivale al nostro «farsene una ragione». Il valore economico non è enorme (si parla di tre miliardi di sterline), ma quello simbolico sì. Guardando la cassetta postale con la corona in rilievo passare di mano non c'è cittadino britannico che non abbia capito che, con la crisi, non è più il caso di scherzare. A Londra c'è un piano e c'è la forza politica nel portarlo avanti. A Roma c'è solo aria immobile con qualche spiffero kazako.
Ma voi pensate se in Italia si dovessero far gestire ai privati, GLI SCAVI DI POMPEI, IL COLOSSEO, LA REGGIA DI CASERTA ed altri importanti luoghi d'arte. Dopo il solito sciopero dei fanulloni di stato, avremmo un incremento notevolissimo di visite, di incassi, di turisti. Abbiamo il 50% del patrimonio artistico mondiale, la nostra vera ricchezza, e ci ricordiamo di questa bellezza, solo quando avvengono crolli, chiusure improvvise ed immotivate e cazzate simili. Evidentemente non vogliamo ne' ridurre il debito, ne' uscire dalla crisi.
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