Buongiorno
15/03/2013
Conclave 1 - Parlamento 0
Possibile che un centinaio di anziani preti abbiano intercettato in pochi giorni il desiderio di cambiamento che i politici italiani si rifiutano da anni di vedere? Da quando papa Francesco è apparso al balcone, con quella faccia da «santo subito» che i primi gesti si sono incaricati di confermare, le persone normali non smettono di porsi questa domanda.
Chi crede nello Spirito Santo ha la risposta pronta. Gli altri arrancano, ma il buon senso giunge loro in soccorso. Suggerendo che ai cardinali giunti a Roma per l’elezione del successore di Ratzinger sia bastato annusare l’aria di Curia per capire che con un altro pontefice intellettuale si sarebbe rischiato il tracollo. Sesso, soldi, segreti, ricatti, il Vaticano precipitato in un brutto romanzo di Dan Brown. Per risollevare l’umore dei fedeli e la reputazione della ditta non serviva tanto un cesellatore di encicliche, quanto un uomo di cuore. Meglio se provvisto di mano ferma e di una certa energia vitale, per non prendere troppi raffreddori in quelle stanze piene di spifferi.
Tratteggiato l’identikit del momento, hanno individuato la persona giusta e l’hanno votata. Tra alti e bassi, si comportano allo stesso modo da circa duemila anni: è una delle ragioni della loro durata.
E qui scatta il paragone deprimente. Perché mentre le cronache del Conclave raccontano di un Bergoglio che va a saldare il conto dell’albergo la mattina dopo essere diventato papa, quelle della politica insinuano una possibile candidatura alla presidenza del Senato della signora Finocchiaro, di cui solo gli estimatori strettissimi ricordano pensieri e parole, mentre alle folle furibonde che poi votano Grillo il suo nome riporta piuttosto alla mente una fotografia che la ritrae all’Ikea con la scorta intenta a trascinarle il carrello della spesa.
Intendiamoci. Alzi la mano, o uno scaffale di truciolato, chi osa mettere in dubbio che Finocchiaro sia una persona meravigliosa e una politica eccellente. Però appartiene ad altra epoca storica. E non per età, ma per anzianità di servizio e di linguaggio: incomprensibile senza traduttore automatico. Possibile che, persino dopo la scoppola elettorale, fra i dirigenti di lungo corso di quel partito nemmeno uno sia stato attraversato dal sospetto che in tempi di sommossa sociale contro la Casta certi nomi abbiano sullo stomaco dei cittadini lo stesso effetto di una peperonata a colazione?
Non che dalle parti del Pdl i cervelli sfrigolino meglio. Ieri il collegio cardinalizio della libertà era riunito a conclave nella suite ospedaliera di Polifemo Berlusconi. Fra i porporati più attivi si segnalava Cicchitto, lo stesso Cicchitto su cui già quarant’anni fa si espresse definitivamente Montanelli con uno dei suoi formidabili controcorrente: «A chi ieri gli chiedeva perché avesse fondato una nuova corrente del Psi, l’onorevole Cicchitto ha risposto: “Devo pur vivere anch’io”. Non ne vediamo il motivo».
Non serve possedere l’intuito di un cardinale di Santa Romana Chiesa. Ai protagonisti della Seconda Repubblica al crepuscolo basterebbe un giro al mercato (senza scorta) per capire che il loro tempo in politica è finito. Almeno per ora. I vecchi democristiani - cardinali in sedicesimo - sapevano quando era il momento di inabissarsi, di mandare avanti le seconde linee per poi ricomparire al successivo cambio di stagione. Oppure per dedicarsi ad altro, applicando su se stessi quel principio di riconversione esistenziale che oggi la politica auspica soltanto per i cassintegrati. Costretti, e con molti meno mezzi, a reinventarsi la vita a cinquant’anni. Ma i nuovi notabili non hanno il fiuto dei cardinali né l’udito dei democristiani. A furia di credere che la campana suoni sempre per qualcun altro, non si accorgono che è suonata per loro.
Chi crede nello Spirito Santo ha la risposta pronta. Gli altri arrancano, ma il buon senso giunge loro in soccorso. Suggerendo che ai cardinali giunti a Roma per l’elezione del successore di Ratzinger sia bastato annusare l’aria di Curia per capire che con un altro pontefice intellettuale si sarebbe rischiato il tracollo. Sesso, soldi, segreti, ricatti, il Vaticano precipitato in un brutto romanzo di Dan Brown. Per risollevare l’umore dei fedeli e la reputazione della ditta non serviva tanto un cesellatore di encicliche, quanto un uomo di cuore. Meglio se provvisto di mano ferma e di una certa energia vitale, per non prendere troppi raffreddori in quelle stanze piene di spifferi.
Tratteggiato l’identikit del momento, hanno individuato la persona giusta e l’hanno votata. Tra alti e bassi, si comportano allo stesso modo da circa duemila anni: è una delle ragioni della loro durata.
E qui scatta il paragone deprimente. Perché mentre le cronache del Conclave raccontano di un Bergoglio che va a saldare il conto dell’albergo la mattina dopo essere diventato papa, quelle della politica insinuano una possibile candidatura alla presidenza del Senato della signora Finocchiaro, di cui solo gli estimatori strettissimi ricordano pensieri e parole, mentre alle folle furibonde che poi votano Grillo il suo nome riporta piuttosto alla mente una fotografia che la ritrae all’Ikea con la scorta intenta a trascinarle il carrello della spesa.
Intendiamoci. Alzi la mano, o uno scaffale di truciolato, chi osa mettere in dubbio che Finocchiaro sia una persona meravigliosa e una politica eccellente. Però appartiene ad altra epoca storica. E non per età, ma per anzianità di servizio e di linguaggio: incomprensibile senza traduttore automatico. Possibile che, persino dopo la scoppola elettorale, fra i dirigenti di lungo corso di quel partito nemmeno uno sia stato attraversato dal sospetto che in tempi di sommossa sociale contro la Casta certi nomi abbiano sullo stomaco dei cittadini lo stesso effetto di una peperonata a colazione?
Non che dalle parti del Pdl i cervelli sfrigolino meglio. Ieri il collegio cardinalizio della libertà era riunito a conclave nella suite ospedaliera di Polifemo Berlusconi. Fra i porporati più attivi si segnalava Cicchitto, lo stesso Cicchitto su cui già quarant’anni fa si espresse definitivamente Montanelli con uno dei suoi formidabili controcorrente: «A chi ieri gli chiedeva perché avesse fondato una nuova corrente del Psi, l’onorevole Cicchitto ha risposto: “Devo pur vivere anch’io”. Non ne vediamo il motivo».
Non serve possedere l’intuito di un cardinale di Santa Romana Chiesa. Ai protagonisti della Seconda Repubblica al crepuscolo basterebbe un giro al mercato (senza scorta) per capire che il loro tempo in politica è finito. Almeno per ora. I vecchi democristiani - cardinali in sedicesimo - sapevano quando era il momento di inabissarsi, di mandare avanti le seconde linee per poi ricomparire al successivo cambio di stagione. Oppure per dedicarsi ad altro, applicando su se stessi quel principio di riconversione esistenziale che oggi la politica auspica soltanto per i cassintegrati. Costretti, e con molti meno mezzi, a reinventarsi la vita a cinquant’anni. Ma i nuovi notabili non hanno il fiuto dei cardinali né l’udito dei democristiani. A furia di credere che la campana suoni sempre per qualcun altro, non si accorgono che è suonata per loro.
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