Il senso del pudore dei politici
Ancora scandali regionali: non se ne può più. Si sa che dove c'è maneggio di denaro c'è spesso qualcuno che si ritrova con le mani a ventosa cui restano attaccate banconote. Lavoro ordinario per carabinieri e finanzieri. Addolora, davvero addolora, vedere che restino coinvolti (speriamo a torto) in queste vicende di miseria umana taluni amministratori, peraltro e fino a prova contraria persone per bene e forse perfino capaci, che evidentemente sottovalutano quello sconosciuto passaggio dell'articolo 54 della Costituzione («I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore…»). Onorare il proprio ruolo pubblico non è dunque un optional ma un dovere. Il che significa tenere comportamenti specchiati ed esigere altrettanto dai colleghi di partito.
Uno dei consiglieri regionali ora nella bufera, cattolico, dichiarò a «L'Eco di Bergamo» un paio d'anni fa di non aver nostalgia della Dc, ritenuta in molti casi «timida rispetto ai valori cristiani». Al nostro censore non fa peraltro specie militare in un partito il cui proprietario per cinque volte ha fatto approvare leggi dichiarate incostituzionali per bloccare le inchieste penali a suo carico. Né gli pone problemi sottoscrivere appelli a difesa di «valori irrinunciabili» a fianco di politici dalla fedina penale non proprio immacolata.
Di fronte a tanta disinvoltura si potrebbe anche nutrire qualche legittima nostalgia per la Dc, almeno per quella di 40 – 60 anni fa e soprattutto di quella bergamasca. Nel pieno di una bollente campagna elettorale, una trentina di anni fa, un senatore comunista (e molto stalinista) confidò a chi scrive il suo apprezzamento per gli amministratori bergamaschi: sa, disse quasi sottovoce, noi si fa polemica perché la si deve fare, ma la realtà è che qui da voi abbiamo ben poco da contestare. E di fronte al caso di politici che intascano oltre 12 mila euro al mese (e una buonuscita di 400 mila) e poi si fanno rimborsare scontrini da pochi euro non si può non provare nostalgia per amministratori dc (chi scrive ne è testimone oculare) che quando avevano riunioni affollate e interminabili come con i sindacati, da buon ospiti offrivano qualcosa da bere a tutti pagando di tasca propria e senza sognarsi di compilare note spese.
L'auto blu era rigorosamente riservata agli adempimenti istituzionali, e nemmeno tutti. E d'altro canto era usanza diffusa nelle Giunte comunali il ritrovarsi di quando in quando a tavola per scambiare quattro chiacchiere in santa pace sui problemi amministrativi. A fine pranzo toccava all'assessore al Bilancio pagare il conto e recuperare i soldi, seduta stante, da ciascun commensale. Né spesso sindaci e assessori osavano chiedere rimborsi spese di sorta. Perché? Perché ci si vergognava a farlo, nonostante indennità di carica ridicole, equivalenti a poche decine di euro al mese (sulle quali il partito prelevava la sua quota).
Rispetto ad oggi era forse diverso il senso del pudore. Il danno di immagine recato alle nostre istituzioni è immenso. Ed è questa la vera colpa degli amministratori sotto inchiesta. Probabile che alla fine gli addebiti di natura penale si rivelino infondati: le leggi se le sono fatte ad hoc e se le hanno violate per eccesso di ingordigia oltre che disonesti sarebbero stupidi. No, non è possibile. Ma resta questa onta di privilegi che qualsiasi buon padre di famiglia definirebbe vergognosi, sfruttati fino all'ultima piega. E si capisce perché si spendano soldi nostri per pagare crapule loro: sono ridotti a parlare alla pancia degli elettori perché sono incapaci di scaldare i cuori.
Torna utile meditare la frase di Paolo VI: «L'uomo moderno ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono testimoni». Se i testimoni sono questi si capisce perché molta gente si appresti a votare un comico.
Antonio Belotti - L'ECO DI BERGAMO,Domenica 23 Dicembre 2012
Ancora scandali regionali: non se ne può più. Si sa che dove c'è maneggio di denaro c'è spesso qualcuno che si ritrova con le mani a ventosa cui restano attaccate banconote. Lavoro ordinario per carabinieri e finanzieri. Addolora, davvero addolora, vedere che restino coinvolti (speriamo a torto) in queste vicende di miseria umana taluni amministratori, peraltro e fino a prova contraria persone per bene e forse perfino capaci, che evidentemente sottovalutano quello sconosciuto passaggio dell'articolo 54 della Costituzione («I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore…»). Onorare il proprio ruolo pubblico non è dunque un optional ma un dovere. Il che significa tenere comportamenti specchiati ed esigere altrettanto dai colleghi di partito.
Uno dei consiglieri regionali ora nella bufera, cattolico, dichiarò a «L'Eco di Bergamo» un paio d'anni fa di non aver nostalgia della Dc, ritenuta in molti casi «timida rispetto ai valori cristiani». Al nostro censore non fa peraltro specie militare in un partito il cui proprietario per cinque volte ha fatto approvare leggi dichiarate incostituzionali per bloccare le inchieste penali a suo carico. Né gli pone problemi sottoscrivere appelli a difesa di «valori irrinunciabili» a fianco di politici dalla fedina penale non proprio immacolata.
Di fronte a tanta disinvoltura si potrebbe anche nutrire qualche legittima nostalgia per la Dc, almeno per quella di 40 – 60 anni fa e soprattutto di quella bergamasca. Nel pieno di una bollente campagna elettorale, una trentina di anni fa, un senatore comunista (e molto stalinista) confidò a chi scrive il suo apprezzamento per gli amministratori bergamaschi: sa, disse quasi sottovoce, noi si fa polemica perché la si deve fare, ma la realtà è che qui da voi abbiamo ben poco da contestare. E di fronte al caso di politici che intascano oltre 12 mila euro al mese (e una buonuscita di 400 mila) e poi si fanno rimborsare scontrini da pochi euro non si può non provare nostalgia per amministratori dc (chi scrive ne è testimone oculare) che quando avevano riunioni affollate e interminabili come con i sindacati, da buon ospiti offrivano qualcosa da bere a tutti pagando di tasca propria e senza sognarsi di compilare note spese.
L'auto blu era rigorosamente riservata agli adempimenti istituzionali, e nemmeno tutti. E d'altro canto era usanza diffusa nelle Giunte comunali il ritrovarsi di quando in quando a tavola per scambiare quattro chiacchiere in santa pace sui problemi amministrativi. A fine pranzo toccava all'assessore al Bilancio pagare il conto e recuperare i soldi, seduta stante, da ciascun commensale. Né spesso sindaci e assessori osavano chiedere rimborsi spese di sorta. Perché? Perché ci si vergognava a farlo, nonostante indennità di carica ridicole, equivalenti a poche decine di euro al mese (sulle quali il partito prelevava la sua quota).
Rispetto ad oggi era forse diverso il senso del pudore. Il danno di immagine recato alle nostre istituzioni è immenso. Ed è questa la vera colpa degli amministratori sotto inchiesta. Probabile che alla fine gli addebiti di natura penale si rivelino infondati: le leggi se le sono fatte ad hoc e se le hanno violate per eccesso di ingordigia oltre che disonesti sarebbero stupidi. No, non è possibile. Ma resta questa onta di privilegi che qualsiasi buon padre di famiglia definirebbe vergognosi, sfruttati fino all'ultima piega. E si capisce perché si spendano soldi nostri per pagare crapule loro: sono ridotti a parlare alla pancia degli elettori perché sono incapaci di scaldare i cuori.
Torna utile meditare la frase di Paolo VI: «L'uomo moderno ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono testimoni». Se i testimoni sono questi si capisce perché molta gente si appresti a votare un comico.
Antonio Belotti - L'ECO DI BERGAMO,Domenica 23 Dicembre 2012
POLITICI CON LE MANI A TENTACOLI ED IL CULO A VENTOSA
RispondiElimina