Partiti ed eletti
nel mirino del governo
In cantiere nuovi tagli ai costi della politica
E Bersani: anche il federalismo va ripensato
Chiara Scalise
ROMA
Nuovi tagli ai costi della politica: il governo, dopo il «caso» Lazio, studia un piano per blindare l'uso del denaro pubblico. Nel mirino, il finanziamento ai partiti (che hanno da poco già visto dimezzati i rimborsi) e i costi delle amministrazioni locali.
Quando il premier Mario Monti tornerà dal viaggio negli Usa troverà infatti ad aspettarlo il dossier Amato (anche se il diretto interessato smentisce all'Ansa di aver avuto questa mission specifica), incaricato sul fronte della spending review di occuparsi di questi temi, e quello messo a punto dalle stesse Regioni, consegnato ieri al Quirinale e a Palazzo Chigi e che ha incassato l'apprezzamento del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
La riforma del Titolo V
E non è escluso, secondo quanto si apprende da fonti di governo, che l'esecutivo decida di accelerare varando nei prossimi giorni un decreto legge ad hoc. Una opzione comunque ancora tutta da vagliare, così come ancora deve essere circoscritto il campo di intervento. Il tema «merita un provvedimento a sé», spiega il ministro della Giustizia Paola Severino che chiude dunque all'ipotesi che le misure possano essere inserite via emendamento nel ddl anticorruzione.
Altro tema, legato a doppio filo ai costi della politica, quello del federalismo: il governo infatti, annuncia il ministro della Funzione pubblica Filippo Patroni Griffi in audizione alla Camera, «è orientato» a presentare un disegno di legge costituzionale che intervenga sulle competenze e sui controlli delle Regioni. Si tratterebbe di una riforma che difficilmente potrebbe vedere la luce entro la fine della Legislatura ma che sarebbe il punto di partenza per un intervento nella prossima.
La necessità di intervenire sulla riforma del Titolo V della Carta è d'altro canto, a distanza di anni, riconosciuta anche dal segretario del Pd Pier Luigi Bersani che si dice convinto che occorra ripensare il federalismo, mettendo fine al moltiplicarsi di centri di spesa incontrollati.
Meno soldi e più trasparenza: sono queste le due direttrici lungo le quali puntano a muoversi tutti gli interventi in cantiere. Si va dal tetto agli emolumenti agli eletti (proposta già contenuta nel Salva-Italia ma che non ha visto la luce e ora ripresa in commissione alla Camera su iniziativa popolare) all'introduzione dei costi standard per la politica sulla falsariga di quanto fatto con il federalismo e con la fase uno della spending review per altre voci fino alla riforma del finanziamento dei partiti.
Finanziamento privato
Tra le ipotesi allo studio infatti torna quella di renderlo interamente privato, magari immaginando detrazioni ad hoc. C'è chi come il professore Pellegrino Capaldo ad esempio ha da tempo messo a punto una proposta, sottoscritta anche dall'Udc, per consentire il riconoscimento di un credito di imposta al 95% per i versamenti ai partiti.
Altre novità potrebbero poi arrivare dall'attuazione dell'articolo 49 della Carta Costituzionale (compito che è in capo sempre all'ex premier Giuliano Amato) e che dovrebbe consentire, a distanza di decenni, di definire il ruolo dei partiti nonché dei sindacati, attribuendo loro finalmente personalità giuridica.
L'ECO DI BERGAMO, Giovedì 27 Settembre 2012
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Come si finanzia la politica? Ecco un quesito in apparenza
insolubile. 1) Se diventa hobby gratuito, possono permettersela soltanto
i ricchi. 2) Se a oliarla sono i privati, il politico si riduce a
burattino di qualche lobby come in America (la crisi di questi anni ha
origine dall’abolizione di un decreto legislativo che saggiamente
impediva alle banche commerciali di essere anche banche d’affari,
imposta a Clinton nel 1999 dai sovvenzionatori delle sue campagne
elettorali, residenti a Wall Street). 3) Se si persiste nel fare pagare i
lussi della politica ai cittadini, prima o poi arriveremo alla
rivoluzione o alla dittatura (un’ipotesi non esclude l’altra), dato che
risulta sempre più indigesto sfogliare le note spese a fisarmonica di
Fiorito quando a tua madre riducono la pensione sociale di 20 euro. Le
opzioni che ho numerato sembrerebbero alternative, ma in Italia - culla
della creatività - abbiamo costruito un modello che condensa i difetti
di tutte e tre: qui la politica la fanno i ricchi e le lobby con il
denaro dei contribuenti.
La soluzione del rebus è davvero impossibile? Forse una chiave ci sarebbe. Sì al finanziamento pubblico, a patto che l’intero sistema dei partiti si sottoponga a una energica cura disintossicante (meno parlamentari nazionali e locali, meno rimborsi, nessun condannato per corruzione fra i candidati) e al controllo capillare di un ufficio composto da efferati ragionieri super partes, nominati a rotazione dal presidente della Repubblica. Se qualcuno avesse un’idea migliore la dica ora, o mugugni per sempre.
nel mirino del governo
In cantiere nuovi tagli ai costi della politica
E Bersani: anche il federalismo va ripensato
Chiara Scalise
ROMA
Nuovi tagli ai costi della politica: il governo, dopo il «caso» Lazio, studia un piano per blindare l'uso del denaro pubblico. Nel mirino, il finanziamento ai partiti (che hanno da poco già visto dimezzati i rimborsi) e i costi delle amministrazioni locali.
Quando il premier Mario Monti tornerà dal viaggio negli Usa troverà infatti ad aspettarlo il dossier Amato (anche se il diretto interessato smentisce all'Ansa di aver avuto questa mission specifica), incaricato sul fronte della spending review di occuparsi di questi temi, e quello messo a punto dalle stesse Regioni, consegnato ieri al Quirinale e a Palazzo Chigi e che ha incassato l'apprezzamento del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
La riforma del Titolo V
E non è escluso, secondo quanto si apprende da fonti di governo, che l'esecutivo decida di accelerare varando nei prossimi giorni un decreto legge ad hoc. Una opzione comunque ancora tutta da vagliare, così come ancora deve essere circoscritto il campo di intervento. Il tema «merita un provvedimento a sé», spiega il ministro della Giustizia Paola Severino che chiude dunque all'ipotesi che le misure possano essere inserite via emendamento nel ddl anticorruzione.
Altro tema, legato a doppio filo ai costi della politica, quello del federalismo: il governo infatti, annuncia il ministro della Funzione pubblica Filippo Patroni Griffi in audizione alla Camera, «è orientato» a presentare un disegno di legge costituzionale che intervenga sulle competenze e sui controlli delle Regioni. Si tratterebbe di una riforma che difficilmente potrebbe vedere la luce entro la fine della Legislatura ma che sarebbe il punto di partenza per un intervento nella prossima.
La necessità di intervenire sulla riforma del Titolo V della Carta è d'altro canto, a distanza di anni, riconosciuta anche dal segretario del Pd Pier Luigi Bersani che si dice convinto che occorra ripensare il federalismo, mettendo fine al moltiplicarsi di centri di spesa incontrollati.
Meno soldi e più trasparenza: sono queste le due direttrici lungo le quali puntano a muoversi tutti gli interventi in cantiere. Si va dal tetto agli emolumenti agli eletti (proposta già contenuta nel Salva-Italia ma che non ha visto la luce e ora ripresa in commissione alla Camera su iniziativa popolare) all'introduzione dei costi standard per la politica sulla falsariga di quanto fatto con il federalismo e con la fase uno della spending review per altre voci fino alla riforma del finanziamento dei partiti.
Finanziamento privato
Tra le ipotesi allo studio infatti torna quella di renderlo interamente privato, magari immaginando detrazioni ad hoc. C'è chi come il professore Pellegrino Capaldo ad esempio ha da tempo messo a punto una proposta, sottoscritta anche dall'Udc, per consentire il riconoscimento di un credito di imposta al 95% per i versamenti ai partiti.
Altre novità potrebbero poi arrivare dall'attuazione dell'articolo 49 della Carta Costituzionale (compito che è in capo sempre all'ex premier Giuliano Amato) e che dovrebbe consentire, a distanza di decenni, di definire il ruolo dei partiti nonché dei sindacati, attribuendo loro finalmente personalità giuridica.
L'ECO DI BERGAMO, Giovedì 27 Settembre 2012
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Buongiorno
LA STAMPA,27/09/2012
Alla fine dei soldi
Massimo Gramellini
La soluzione del rebus è davvero impossibile? Forse una chiave ci sarebbe. Sì al finanziamento pubblico, a patto che l’intero sistema dei partiti si sottoponga a una energica cura disintossicante (meno parlamentari nazionali e locali, meno rimborsi, nessun condannato per corruzione fra i candidati) e al controllo capillare di un ufficio composto da efferati ragionieri super partes, nominati a rotazione dal presidente della Repubblica. Se qualcuno avesse un’idea migliore la dica ora, o mugugni per sempre.
RispondiEliminaFar marcire in galera i ladri, privarli dei benefici pensionistici e farsi restituire i soldi, no?
ORSO45
spiace dirlo ma dovresti mettere in galera molti politici, amministratori locali, regionali,statali che si sono susseguitesi dall dopoguerra ad oggi
Eliminameglio la pena di morte cosi non gli paghi nemmeno il vitto e l alloggio