da L'ECO DI BERGAMO,17.08.2012
Sulla ricetta rossa ora comparirà per legge il nome della sostanza che possiede le proprietà terapeutiche, spetterà poi al farmacista dare all'assistito il prodotto dal prezzo più basso (farmaco generico) contenente il principio attivo indicato. Scegliere è lo stesso possibile: il medico può scrivere sulla ricetta – motivando in modo conciso la sua decisione – che venga prescritto solo il farmaco di una determinata marca, ma anche il paziente può optare in autonomia per il farmaco «griffato». In entrambi i casi spetterà all'assistito pagare la differenza di prezzo.
Le nuove norme per la prescrizione dei farmaci sono state stabilite con il decreto legge sulla spending review e sono in vigore dal giorno di Ferragosto. «Dal punto di vista operativo per il farmacista non cambia nulla – spiega Gianni Petrosillo, presidente di Federfarma Bergamo –, resta il fatto che non ci è chiara l'utilità di questo provvedimento: anche prima della spending review la differenza di prezzo tra farmaco generico e di marca era a carico del cittadino. Probabilmente è un modo per spingere ancora di più verso il generico, ma non mi sembra che questa sia una voce di spesa così rilevante per le famiglie».
Più contrario alla nuova norma è il presidente dell'Ordine dei medici di Bergamo, Emilio Pozzi: «Pretendere che il medico si giustifichi perché vuole prescrivere un farmaco "griffato" è assolutamente intollerabile perché complica il nostro lavoro ed è solo un escamotage per spingere verso il generico. È un sacrificio minimo, ma riduce l'empatia col paziente e ci allontana dai nostri assistiti, che spesso sono turbati anche solo quando cambia la scatola del farmaco che sono abituati a prendere».
Secondo la normativa, le disposizioni non riguardano chi sta già seguendo una terapia per una malattia cronica in corso per evitare ogni possibile – anche se raro – inconveniente a causa del passaggio da un medicinale all'altro, sia pure di uguale composizione. Per legge i farmaci di marca e i loro corrispettivi generici sono equivalenti, e nella pratica si possono considerare uguali, anche se non perfettamente identici. «So di andare controcorrente – prosegue Emilio Pozzi –, ma è diffusa l'idea che i generici non siano del tutto uguali ai farmaci di marca, cambiano gli eccipienti e i processi di produzione. Un farmaco "griffato", ad esempio l'Aulin, per citare un anti infiammatorio molto comune, è fatto sempre dalla stessa ditta e nello stesso modo. Il suo corrispettivo generico, cioè il Nimesulide, può essere prodotto da tante piccole ditte diverse e quindi ci possono essere delle varianti, seppure minime, che hanno effetti sull'efficacia del farmaco anche se il principio attivo è identico. Il nuovo obbligo cui siamo sottoposti credo potrà portare a dei contenziosi con l'Asl: di piccoli sforzi ce ne sono stati richiesti a tonnellate e non ho dubbi che gli ottimi medici bergamaschi si adatteranno anche a questa nuova incombenza, ma non è una cosa che facilita il nostro lavoro».
Per i farmaci solo il principio attivo.
Da Ferragosto sulle ricette niente nomi dei farmaci.
Cambiano le ricette: il medico non indicherà più il nome commerciale del farmaco, ma solo il principio attivo.Sulla ricetta rossa ora comparirà per legge il nome della sostanza che possiede le proprietà terapeutiche, spetterà poi al farmacista dare all'assistito il prodotto dal prezzo più basso (farmaco generico) contenente il principio attivo indicato. Scegliere è lo stesso possibile: il medico può scrivere sulla ricetta – motivando in modo conciso la sua decisione – che venga prescritto solo il farmaco di una determinata marca, ma anche il paziente può optare in autonomia per il farmaco «griffato». In entrambi i casi spetterà all'assistito pagare la differenza di prezzo.
Le nuove norme per la prescrizione dei farmaci sono state stabilite con il decreto legge sulla spending review e sono in vigore dal giorno di Ferragosto. «Dal punto di vista operativo per il farmacista non cambia nulla – spiega Gianni Petrosillo, presidente di Federfarma Bergamo –, resta il fatto che non ci è chiara l'utilità di questo provvedimento: anche prima della spending review la differenza di prezzo tra farmaco generico e di marca era a carico del cittadino. Probabilmente è un modo per spingere ancora di più verso il generico, ma non mi sembra che questa sia una voce di spesa così rilevante per le famiglie».
Più contrario alla nuova norma è il presidente dell'Ordine dei medici di Bergamo, Emilio Pozzi: «Pretendere che il medico si giustifichi perché vuole prescrivere un farmaco "griffato" è assolutamente intollerabile perché complica il nostro lavoro ed è solo un escamotage per spingere verso il generico. È un sacrificio minimo, ma riduce l'empatia col paziente e ci allontana dai nostri assistiti, che spesso sono turbati anche solo quando cambia la scatola del farmaco che sono abituati a prendere».
Secondo la normativa, le disposizioni non riguardano chi sta già seguendo una terapia per una malattia cronica in corso per evitare ogni possibile – anche se raro – inconveniente a causa del passaggio da un medicinale all'altro, sia pure di uguale composizione. Per legge i farmaci di marca e i loro corrispettivi generici sono equivalenti, e nella pratica si possono considerare uguali, anche se non perfettamente identici. «So di andare controcorrente – prosegue Emilio Pozzi –, ma è diffusa l'idea che i generici non siano del tutto uguali ai farmaci di marca, cambiano gli eccipienti e i processi di produzione. Un farmaco "griffato", ad esempio l'Aulin, per citare un anti infiammatorio molto comune, è fatto sempre dalla stessa ditta e nello stesso modo. Il suo corrispettivo generico, cioè il Nimesulide, può essere prodotto da tante piccole ditte diverse e quindi ci possono essere delle varianti, seppure minime, che hanno effetti sull'efficacia del farmaco anche se il principio attivo è identico. Il nuovo obbligo cui siamo sottoposti credo potrà portare a dei contenziosi con l'Asl: di piccoli sforzi ce ne sono stati richiesti a tonnellate e non ho dubbi che gli ottimi medici bergamaschi si adatteranno anche a questa nuova incombenza, ma non è una cosa che facilita il nostro lavoro».
Marina Marzulli
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