da L'ECO DI BERGAMO,22.6.2012
Il colle
Giorgio Napolitano ha deciso di reagire con molta forza a quanto sta accadendo intorno al Quirinale. O meglio, intorno alle indagini sulla famosa «trattativa» Stato-mafia laddove un ex alto esponente della Repubblica, Nicola Mancino – che fu presidente del Senato, vicepresidente del Csm e ministro degli Interni – si ritrova indagato e viene intercettato mentre chiede aiuto al consigliere giuridico del capo dello Stato di cui si suppone un «interessamento» a favore proprio di Mancino. Sono giorni che alcuni quotidiani riempiono pagine di queste intercettazioni mentre rimbomba nell'aria torrida di Roma la voce di altre trascrizioni – distrutte perché irrilevanti – in cui addirittura si sentirebbe la voce di Napolitano. Il quale, dopo questo bombardamento, ha deciso di affrontare di persona la questione per dir che contro di lui e contro la presidenza della Repubblica è in atto una campagna di insinuazioni e di sospetti «fondati sul nulla» e anzi alimentata da interpretazioni «arbitrarie e anche manipolate» di fatti e circostanze che, viceversa, dimostrerebbero solo «l'assoluta correttezza» del comportamento del Quirinale. «Gli italiani stiano certi – ha concluso Napolitano – che continuerò ad operare perché vada avanti l'azione della magistratura per l'accertamento della verità anche per quelle tragiche vicende delle stragi di mafia degli anni '90».
Insomma, al più alto livello possibile e con molta chiarezza, il presidente della Repubblica ha reagito con un moto molto simile a quel celebre «Non ci sto» di Oscar Luigi Scalfaro quando alcuni giornali scrivevano che da ministro degli Interni si era di fatto intascato i fondi riservati dei servizi segreti. Anche Napolitano ha detto il suo «Non ci sto!». Ma a cosa?
Intanto colpisce che si vada a toccare così pesantemente un presidente finora circondato da una stima praticamente unanime. Neanche Berlusconi, con cui i rapporti sono stati faticosi e altalenanti, ha mai pigiato sul tasto della polemica, né ha granché autorizzato i suoi a sparlare di Napolitano. Non solo: il capo dello Stato è considerato a livello internazionale e anche Oltreoceano un sicurissimo punto di riferimento in questa crisi. Ora scopriamo che anche il Quirinale è intercettato dai magistrati, ed è una novità non di poco conto.
È opinione generalizzata che Napolitano sia la vite cui sta appeso il disastrato sistema politico e che è interesse di tutti che la vite regga. Una delegittimazione del presidente sarebbe automaticamente un gigantesco regalo alla cosiddetta «antipolitica». Che dunque «Il Fatto» di Marco Travaglio sia la punta di lancia di questa polemica anti Quirinale non stupisce, e nemmeno che Di Pietro cerchi di cavalcare l'onda per non cedere il passo a Grillo che su Napolitano ha speso le più pesanti delle sue battute. Meno chiaro, per esempio, è perché «Repubblica» dia fiato alla vicenda.
Di sicuro un precipitare della considerazione dell'inquilino del Quirinale oggi aiuta il partito delle elezioni anticipate che sembra ingrossarsi ogni giorno di più e che forse si augura che Monti torni a mani vuote dal vertice di fine mese a Bruxelles per poter far precipitare la situazione. Ci sono alcuni settori del Pdl che tifano apertamente per le urne in ottobre, ma non è chiaro quale sia l'orientamento di Berlusconi. C'è chi ha letto le ultime dichiarazioni sull'uscita dall'euro come un avvio di campagna elettorale. Altri, pensate un po', le hanno invece interpretate come un aiuto a Monti per consentirgli di chiedere con più forza qualche risultato concreto ai partner, se non altro per fermare le forze euroscettiche presenti nel panorama politico italiano.
Andrea Ferrari
Il colle
e il partito
del voto
anticipato
Giorgio Napolitano ha deciso di reagire con molta forza a quanto sta accadendo intorno al Quirinale. O meglio, intorno alle indagini sulla famosa «trattativa» Stato-mafia laddove un ex alto esponente della Repubblica, Nicola Mancino – che fu presidente del Senato, vicepresidente del Csm e ministro degli Interni – si ritrova indagato e viene intercettato mentre chiede aiuto al consigliere giuridico del capo dello Stato di cui si suppone un «interessamento» a favore proprio di Mancino. Sono giorni che alcuni quotidiani riempiono pagine di queste intercettazioni mentre rimbomba nell'aria torrida di Roma la voce di altre trascrizioni – distrutte perché irrilevanti – in cui addirittura si sentirebbe la voce di Napolitano. Il quale, dopo questo bombardamento, ha deciso di affrontare di persona la questione per dir che contro di lui e contro la presidenza della Repubblica è in atto una campagna di insinuazioni e di sospetti «fondati sul nulla» e anzi alimentata da interpretazioni «arbitrarie e anche manipolate» di fatti e circostanze che, viceversa, dimostrerebbero solo «l'assoluta correttezza» del comportamento del Quirinale. «Gli italiani stiano certi – ha concluso Napolitano – che continuerò ad operare perché vada avanti l'azione della magistratura per l'accertamento della verità anche per quelle tragiche vicende delle stragi di mafia degli anni '90».
Insomma, al più alto livello possibile e con molta chiarezza, il presidente della Repubblica ha reagito con un moto molto simile a quel celebre «Non ci sto» di Oscar Luigi Scalfaro quando alcuni giornali scrivevano che da ministro degli Interni si era di fatto intascato i fondi riservati dei servizi segreti. Anche Napolitano ha detto il suo «Non ci sto!». Ma a cosa?
Intanto colpisce che si vada a toccare così pesantemente un presidente finora circondato da una stima praticamente unanime. Neanche Berlusconi, con cui i rapporti sono stati faticosi e altalenanti, ha mai pigiato sul tasto della polemica, né ha granché autorizzato i suoi a sparlare di Napolitano. Non solo: il capo dello Stato è considerato a livello internazionale e anche Oltreoceano un sicurissimo punto di riferimento in questa crisi. Ora scopriamo che anche il Quirinale è intercettato dai magistrati, ed è una novità non di poco conto.
È opinione generalizzata che Napolitano sia la vite cui sta appeso il disastrato sistema politico e che è interesse di tutti che la vite regga. Una delegittimazione del presidente sarebbe automaticamente un gigantesco regalo alla cosiddetta «antipolitica». Che dunque «Il Fatto» di Marco Travaglio sia la punta di lancia di questa polemica anti Quirinale non stupisce, e nemmeno che Di Pietro cerchi di cavalcare l'onda per non cedere il passo a Grillo che su Napolitano ha speso le più pesanti delle sue battute. Meno chiaro, per esempio, è perché «Repubblica» dia fiato alla vicenda.
Di sicuro un precipitare della considerazione dell'inquilino del Quirinale oggi aiuta il partito delle elezioni anticipate che sembra ingrossarsi ogni giorno di più e che forse si augura che Monti torni a mani vuote dal vertice di fine mese a Bruxelles per poter far precipitare la situazione. Ci sono alcuni settori del Pdl che tifano apertamente per le urne in ottobre, ma non è chiaro quale sia l'orientamento di Berlusconi. C'è chi ha letto le ultime dichiarazioni sull'uscita dall'euro come un avvio di campagna elettorale. Altri, pensate un po', le hanno invece interpretate come un aiuto a Monti per consentirgli di chiedere con più forza qualche risultato concreto ai partner, se non altro per fermare le forze euroscettiche presenti nel panorama politico italiano.
Andrea Ferrari
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