«Ora è il momento delle riforme
sulle tasse non sono incoerente»
Il premier apre la campagna elettorale della sua lista
«Appena eletto ridurrò il numero dei parlamentari»
«Ho declinato l'offerta di guidare il fronte dei moderati fatta da
Berlusconi perché a mio avviso non c'è bisogno di alcuna federazione. E
coloro che si dicono moderati non sempre lo sono. L'Italia non ha
bisogno di moderazione nel senso di mezze misure. L'Italia ha bisogno di
riforme radicali». Mario Monti si presenta e presenta la sua lista
«Scelta Civica» nella tensostruttura del polo tecnologico Kilometro
Rosso, dove fino a qualche momento prima avevano parlato i principali
esponenti della sua coalizione, da Luca Cordero di Montezemolo a Lorenzo
Dellai. Davanti a una platea composta dai rappresentanti delle varie
anime del nuovo movimento, da Andrea Riccardi a Pietro Ichino, il
premier ribadisce il proposito di una nuova stagione politica, fatta di
riforme e cambiamenti strutturali. «Nei confronti di chi si trova al di
fuori dei fortini protetti delle lobby, delle corporazioni, dei
privilegi - ha aggiunto il professore - Nei confronti dei giovani. Per
costoro non occorre federare i moderatori, ma i riformisti». Il suo
discorso è intessuto di richiami al senso della responsabilità: «Il
nostro è un commando al servizio del paese». Definisce il suo impegno al
governo: «Un servizio civico-militare durato 13 mesi». E annunciando di
essere in attesa del quinto nipotino quasi si commuove.LA PASSIONE POLITICA- «Non vorrei essere preso per un politico», dice Monti prendendo la parola. «Ma occupandomi di politica, mi è venuta la passione», aggiunge. Il professore aggredisce subito il tema crisi: «Siamo alla fine di un tunnel. E dobbiamo pensare al futuro. Non possiamo gravare su figli e nipoti, gravando con il debito sul loro avvenire. I giovani sono attesi da un futuro peggiore di quello dei propri genitori».
IL PRIMO PASSO- Il primo consiglio dei ministri di un eventuale governo Monti bis avrebbe più di una riforma costituzionale all'ordine del giorno: «Cosa farei appena eletto? Disegno di legge di riforma costituzionale per ridurre il numero dei parlamentari. Un altro per un assetto dello Stato meno oneroso e più proficuo. E una legge per cambiare il titolo V della Costituzione, che come è stato ridisegnato nella riforma voluta da sinistra e destra, non rende competitiva l'Italia».
LE TASSE SI POSSONO ABBASSARE - Rispetto agli esordi del suo governo, le condizioni economiche e politiche sono diverse. Cambia anche l'approccio di Monti, a cominciare dal tema caldo delle tasse: «Un governo che nascesse all'inizio di una legislatura lunga cinque anni e in una situazione finanziaria tranquilla può legittimamente progettare. Possiamo parlare ad esempio di riduzione delle tasse, con responsabilità, in modo graduale e misurato». Più tardi, in conferenza stampa, affronta anche lo spinoso nodo della tassa sulla casa: «L'abolizione dell'Imu è un tema ammissibile nel dibattito odierno. Non è contraddittorio che chi ha fatto parte di un governo rigido in materia di tassazione, in prospettiva, in un quadro di maggiore tranquillità finanziaria, progetti modifiche o riduzioni. Attenti però a non pregiudicare l'intero quadro economico. Al punto da richiedere un ulteriore governo tecnico».
FALLIMENTO DI LEGA E BERLUSCONI - A Berlusconi e alla Lega riserva una bacchettata: «Gli elettori dovranno scegliere tra chi ha fallito per vent'anni, tradendo la rivoluzione liberale, e chi ha restituito l'Italia al ruolo di primo piano che merita. La Lega invidia la Germania, e poi imputa alla Germania ciò che è responsabilità dei suoi 10 anni di governo».
A VENDOLA: STA SCHERZANDO? - A Vendola una battuta: «Ha dichiarato: potremmo collaborare con Monti e i suoi sulle riforme costituzionali. Se fanno autocritica. Ma scherziamo, noi autocritica?».
IL RAPPORTO CON BERSANI - Durante il suo discorso Monti neppure cita Bersani. Eppure siamo in un momento della campagna elettorale in cui si fa un gran parlare di una possibile alleanza post-elettorale con il centrosinistra: «La forza politica che guido - spiega Monti nella conferenza stampa che ha seguito il meeting - non parteciperà a governi che non abbiano forti intenti riformisti. Non sono in grado, quindi, di pronunciarmi oggi in termini di alleanze».
20 gennaio 2013
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Monti: «La Lombardia merita di più»
Nostra intervista al premier: Pdl e Lega hanno tradito la rivoluzione liberale e federalista
La salita in politica è lunga un kilometro e in fondo è pianeggiante. Mario Monti la percorre qui a Bergamo fra parole solide, applausi convinti. E una certa dose d'emozione che non poteva prevedere. Arriva quando il premier riflette su ciò a cui dovrà rinunciare per dedicarsi alla corsa: «Ho cinque nipotini e mi sarebbe piaciuto finalmente passare più tempo con loro. Ma credo che se avessi scelto questo, avrei fatto un torto proprio a loro». Si commuove per un attimo, pensando al futuro del piccolo Spread (uno dei nipoti soprannominato così all'asilo per ammissione del nonno) e agli altri bambini di un'Italia ancora fragile. Sono le cinque della tarde. Ovazione, l'avventura è cominciata. C'è la sensazione palpabile che questo non sia un «centrino» come quelli che l'hanno preceduto negli anni fra i colossi di destra e di sinistra, ma sia un'alternativa ai partiti usciti decotti dalla crisi. E certamente nelle intenzioni di Mario Monti vuol essere anche una risposta concreta alle tentazioni di non voto o di folcloristica protesta. «Siamo una realtà civica, liberale e popolare», sottolineano i leader mettendo insieme due vocaboli che neppure nell'Italia della prima Repubblica non s'erano mai frequentati. L'élite c'è, il popolo non ancora e l'impegno sociale non del tutto. Monti ha deciso di spendersi davvero. «Avrei potuto aspirare a trascorrere sette anni in un ruolo meno rilevante per cambiare il Paese». E invece niente Quirinale, si corre per continuare le riforme.
Presidente Monti, ha deciso di partire dalla sua Lombardia, da una città roccaforte della Lega e dell'esperienza formigoniana. Due realtà politiche in transizione. Ci spieghi il senso politico di questo gesto.
«Per me che sono lombardo e ho lavorato per la maggior parte della vita a Milano, la tradizione civica di questa parte d'Italia è molto importante. Soffro nel vedere non realizzata la promessa di rivoluzione liberale fatta da Berlusconi nel 1994. E anche nel constatare che l'impatto della Lega non è stato quello che avrei sperato. Nessun effetto positivo, non è stata fattore di spinta verso una più profonda vitalità europea. La Lombardia ha bisogno di novità e di risposte».
La Questione settentrionale continua ad esistere, come pensa di affrontarla?
«Negli ultimi 20 anni questa parte d'Italia ha patito perché una proposta politica insoddisfacente, non concretizzandosi, ha finito per penalizzarla. Penalizzare la parte più produttiva del Paese, che avrebbe prodotto di più e meglio con mercati più liberi, con più infrastrutture, con minori tasse e minore burocrazia. E invece liberalizzazioni poche, ne abbiamo fatte più noi in un anno di emergenza che prima. Infrastrutture non in rapporto alla vitalità dell'economia locale. Pdl e Lega non sono riusciti o non hanno voluto superare le resistenze degli apparati pubblici. La Questione settentrionale esiste. Ed è in parte il risultato dell'insuccesso della proposta politica settentrionale».
È proprio sicuro di convincere le persone a votare per il premier del rigore e delle tasse?
«A scenari cambiati un alleggerimento fiscale è possibile. L'anno scorso l'emergenza imponeva una strategia ben più rigida. E non sottovaluterei il progredire dei frutti alla lotta all'evasione fiscale. Mentre durante l'emergenza più dura il governo esitava a fare promesse di restituzione dei proventi dell'evasione, in una prospettiva positiva si può immaginare che ciò accada. Prenda l'Imu. È nata durante il governo Berlusconi con effetto dal 2014, ce la siamo trovata sulla strada e abbiamo dovuto applicarla in modo adeguato. Non è contraddittorio, dopo essere stati piuttosto rigidi con il consenso dei partiti, alleggerirla a situazione cambiata. L'importante è non fare promesse facili che poi si rivelano indigeste».
La candidatura del padrone di casa Alberto Bombassei è un segnale forte al mondo delle imprese. Com'è nata?
«Il Parco scientifico-tecnologico del Kilometro rosso è un luogo simbolico del futuro del nostro Paese. Bombassei è il candidato che rappresenta al meglio l'industria italiana nel mondo ed è anche un bell'esempio di persona che ha deciso temporaneamente di caricarsi sulle spalle l'impegno diretto per la cosa pubblica».
Il ritorno di Berlusconi sulla scena ha cambiato le regole della comunicazione in campagna elettorale. Prima si adottavano quelle degli scacchi, adesso siamo tornati al videopoker. Non si sente svantaggiato?
«La regola principale del poker dovrebbe essere il silenzio, no? Non credo di essere svantaggiato. Nella prima fase del mio governo non c'era saggio ed esperto di immagine che non sottolineasse il ritorno alla sobrietà come una liberazione per gli italiani. Non so se gli elettori siano già tornati a preferire lo stile truculento».
Roberto Maroni sostiene che la Lega lotterà per trattenere in Lombardia il 75% delle imposte. In caso estremo dovranno venirsele a prendere i carabinieri.
«Lui è stato ministro dell'Interno e conosce la materia meglio di me. Ma credo che la logica venga prima dei carabinieri. Ho difficoltà a vedere coerenza fa questo programma e gli interessi del Sud che sta col Pdl. La Lega si vergogna dell'Italia e invidia la Germania. Ma imputa alla Germania errori fatti dalla nostra politica, che hanno allontanato l'Italia e la Lombardia dall'Europa. Noi non cambieremo mai il nostro Paese con un altro e mai vorremmo vederlo spaccato».
Oggi, mentre parlava, abbiamo notato una certa emozione. Non è da lei.
«Tutti abbiamo evocato qualcosa che era visibilmente presente nell'aria: la speranza. E tutti abbiamo affrontato la sfida con dentro qualcosa che si diceva essere assente: la passione. Cosa le devo dire, mi è venuta la passione».
Ha avuto parole di ringraziamento per il presidente Napolitano. Resta il suo nume tutelare?
«Non so se la mia decisione di salire in politica gli faccia piacere oppure no, ma si ispira a un amore comune per il Paese e si concretizza nel desiderio di vedere la politica italiana tornare ai livelli che dovrebbero esserle abituali».
L'appello a un voto utile non è un po' riduttivo?
«Noi non chiediamo il voto contro qualcuno, ma per l'Italia. Può non essere un voto utile, ma "il" voto utile. Pdl e Lega devono arrendersi all'evidenza: noi siamo gli antagonisti al vecchio rappresentato da loro, che da 20 anni tradiscono la rivoluzione liberale e federalista. Siamo alternativi a loro, e anche alla coalizione di centrosinistra. Il presidente Vendola ha dichiarato: potremmo anche collaborare, ma prima Monti faccia autocritica. Ma scherziamo? Oggi nella sinistra ci sono apprezzabili impulsi liberalizzatori, hanno scoperto l'economia di mercato. Ma molti di noi erano in sintonia con l'Europa dagli anni Settanta...C'è una terza coalizione della quale vorremmo essere migliori: quella dei non votanti. Chi non vota fa solo un regalo alla vecchia politica. Non volete fare una scelta politica? Fate una scelta civica».
Servono riforme, neppure lei è riuscito a fare quelle che servivano.
«Servono riforme per abbattere i privilegi di chi ne ha troppi e dare speranze ai giovani. Servono iniziative per ridurre in modo significativo i parlamentari e snellire la burocrazia istituzionale. Sul lavoro abbiamo avuto ostacoli dal blocco socio-sindacale di sinistra. Sulla Giustizia, sul falso in bilancio e sulla corruzione ostacoli dal blocco di centrodestra per ragioni storiche e personali che conosciamo. Ho visto in Parlamento progressivamente affievolirsi la volontà dei due poli di andare avanti con le riforme. Ora starà agli elettori decidere chi è più credibile».
Il professor Luigi Zingales ha tirato le orecchie a tutti, a lei e a noi giornalisti. Ha scritto: «Negli Stati Uniti le interviste sarebbero cominciate tutte allo stesso modo: «Presidente, quando le fu conferito l'incarico lei si impegnò pubblicamente a non candidarsi e a fare pressione perché i suoi ministri non si candidassero. Invece ha creato un partito e candida i suoi ministri. Come può convincere gli elettori a fidarsi di lei, quando ha violato la prima promessa da uomo di governo?». Detto fatto, noi l'intervista la chiudiamo.
«Il professor Zingales è un eccellente economista e l'università Bocconi è orgogliosa di averlo fra i suoi laureati. Non condivido quasi mai le sue posizioni da censore. Non mi sono candidato, ma ho accettato di patrocinare un movimento politico; capisco che per chi vive negli Stati Uniti sia una sottigliezza. Ho spiegato che rispetto a quella previsione iniziale è nel tempo cambiata in me la percezione di cosa sarebbe stato moralmente più giusto. È aumentata la preoccupazione di fare in modo che i sacrifici che avevo dovuto chiedere agli italiani non venissero dissipati. Avrei potuto aspirare a posizioni più comode, a fare il senatore a vita. E invece eccomi in gioco. La mia credibilità la giudicheranno i cittadini».
Giorgio Gandola- L'ECO DI BERGAMO,Lunedì 21 Gennaio 2013
Che faccia di palta!
RispondiEliminaE' stata aggiunta la seconda parte "la lombardia merita di più" e non potrei essere più di tanto in sintonia col titolo.
EliminaMi riferisco alla conclusione:
"Avrei potuto aspirare a posizioni più comode, a fare il senatore a vita. E invece eccomi in gioco. La mia credibilità la giudicheranno i cittadini."
Ribadisco: FACCIA DI PALTA! (è un eufemismo).
Fa questa dichiarazione come se si fosse dimesso da Senatore a vita. Invece rimarrà, comunque vada, Senatore a vita e MANTENUTO A VITA a spese nostre ed alla faccia nostra.
Politici politicanti, parolai, ladri, bugiardi, infami, approfittatori, spudorati e disonorevoli.
Ma allora,in fin dei conti,secondo lei,Orso,per chi dovremmo votare noi cittadini scontenti e disorientati?
EliminaQuién sabe?
Elimina"E tu, non comprarti il pane con esto dinero, hombre! Compra dinamite! Dinamite!!!"
Per quanto riguarda i politici politicanti e parolai, consapevole che è solo una speranza utopica, voterei volentieri chiunque si impegnasse a dimezzarli... o, almeno, ad accorciarli anche solo di 30 centimetri partendo dall'alto.