Da L'ECO DI BERGAMO,2 settembre2012
L'analisi
Un attacco
L'analisi
Un attacco
al ruolo
chiave
del Quirinale
C ' era da aspettarsi che la pressione su Napolitano crescesse di tono e di intensità. Una «campagna di insinuazioni e di sospetti» è in atto da mesi e la ragione è fin troppo chiara. Da quando Berlusconi ha gettato la spugna, il Quirinale è diventato la cabina di regia della politica nazionale. Monti non sarebbe a Palazzo Chigi senza l'avallo del capo dello Stato. Si sta avvicinando inoltre il cosiddetto semestre bianco, nel corso del quale il presidente della Repubblica non ha più il potere di sciogliere le Camere. Il suo ruolo, peraltro, è destinato in questi mesi ad aumentare. Siamo alla vigilia di una partita con in palio la posta della presidenza del Consiglio. Sarà attribuita ancora a Monti o a un politico? Sarà espressione di una maggioranza bipartisan o di una sola parte?
Se purtroppo era da mettere in conto che in questa fase gli strali si appuntassero sulla massima carica dello Stato, c'era anche da temere che lo fosse in modo perverso. È abituale da noi, anche se è deleterio per la democrazia, che quanto non si ottiene in modo trasparente e per vie legittime si cerchi di strapparlo per vie traverse e con mezzi impropri, quando non apertamente illegali. Dalle stragi ai depistaggi ai colpi di Stato veri o presunti, dagli avvisi di garanzia trasformati in sentenze di condanna alle campagne di stampa condotte con rivelazioni di atti segretati: la storia dei condizionamenti impropri della politica italiana è lunga quanto la Repubblica.
La vicenda del supposto ricatto di cui sarebbe vittima la suprema carica dello Stato è, comunque, anche paradossale. Tutti manifestano la più grande solidarietà nei suoi confronti, tutti allontanano da sé il sospetto di esercitare su di lui pressioni illecite, eppure tutti si rivolgono reciprocamente l'accusa di esserne i responsabili. La Procura di Palermo, custode delle chiacchierate intercettazioni telefoniche del presidente Napolitano coll'allora (1992) ministro dell'Interno Nicola Mancino in merito alla ventilata trattativa tra lo Stato e la mafia, dichiara di nutrire il massimo rispetto nei suoi confronti, eppure ammette la possibilità che qualcuno voglia condizionarlo e comunque non ha ancora distrutto le intercettazioni. Panorama, Il primo (per vendite) news magazine italiano, pubblica (solo) indiscrezioni sulle intercettazioni incriminate vantandosi di denunciare il ricatto messo in atto ai danni del capo dello Stato. Berlusconi protesta la sua «totale solidarietà» nei confronti di Napolitano, ma ne approfitta per rilanciare la richiesta di impedire per legge l'abuso delle intercettazioni. Non la rivelazione, ma la sola acquisizione di intercettazioni sul presidente della Repubblica sarebbe illegittima, eppure Di Pietro e Maroni, sostenuti da «Il Fatto quotidiano», ne reclamano la completa divulgazione.
Da ultimo, la situazione creatasi appare in aggiunta surreale. Il capo dello Stato, oltre a essere costituzionalmente posto al riparo da possibili indagini della magistratura, non è neanche sospettato o, tanto meno, accusato di alcun reato. Lui stesso, del resto, per porre fine all'imbarazzante conflitto istituzionale con la Procura ha sollevato il conflitto di attribuzione presso la Corte Costituzionale, eppure viene accusato di intralciarne le indagini.
Verrebbe da concludere: allora qual è il problema? È la domanda che si rivolgono gli italiani, trovando nuove ragioni per confermarsi nella convinzione che, oltre che «sporca», la nostra è anche «mala» politica.
Se purtroppo era da mettere in conto che in questa fase gli strali si appuntassero sulla massima carica dello Stato, c'era anche da temere che lo fosse in modo perverso. È abituale da noi, anche se è deleterio per la democrazia, che quanto non si ottiene in modo trasparente e per vie legittime si cerchi di strapparlo per vie traverse e con mezzi impropri, quando non apertamente illegali. Dalle stragi ai depistaggi ai colpi di Stato veri o presunti, dagli avvisi di garanzia trasformati in sentenze di condanna alle campagne di stampa condotte con rivelazioni di atti segretati: la storia dei condizionamenti impropri della politica italiana è lunga quanto la Repubblica.
La vicenda del supposto ricatto di cui sarebbe vittima la suprema carica dello Stato è, comunque, anche paradossale. Tutti manifestano la più grande solidarietà nei suoi confronti, tutti allontanano da sé il sospetto di esercitare su di lui pressioni illecite, eppure tutti si rivolgono reciprocamente l'accusa di esserne i responsabili. La Procura di Palermo, custode delle chiacchierate intercettazioni telefoniche del presidente Napolitano coll'allora (1992) ministro dell'Interno Nicola Mancino in merito alla ventilata trattativa tra lo Stato e la mafia, dichiara di nutrire il massimo rispetto nei suoi confronti, eppure ammette la possibilità che qualcuno voglia condizionarlo e comunque non ha ancora distrutto le intercettazioni. Panorama, Il primo (per vendite) news magazine italiano, pubblica (solo) indiscrezioni sulle intercettazioni incriminate vantandosi di denunciare il ricatto messo in atto ai danni del capo dello Stato. Berlusconi protesta la sua «totale solidarietà» nei confronti di Napolitano, ma ne approfitta per rilanciare la richiesta di impedire per legge l'abuso delle intercettazioni. Non la rivelazione, ma la sola acquisizione di intercettazioni sul presidente della Repubblica sarebbe illegittima, eppure Di Pietro e Maroni, sostenuti da «Il Fatto quotidiano», ne reclamano la completa divulgazione.
Da ultimo, la situazione creatasi appare in aggiunta surreale. Il capo dello Stato, oltre a essere costituzionalmente posto al riparo da possibili indagini della magistratura, non è neanche sospettato o, tanto meno, accusato di alcun reato. Lui stesso, del resto, per porre fine all'imbarazzante conflitto istituzionale con la Procura ha sollevato il conflitto di attribuzione presso la Corte Costituzionale, eppure viene accusato di intralciarne le indagini.
Verrebbe da concludere: allora qual è il problema? È la domanda che si rivolgono gli italiani, trovando nuove ragioni per confermarsi nella convinzione che, oltre che «sporca», la nostra è anche «mala» politica.
Perché accanirsi contro un Presidente che, al di là della comprovata correttezza, si trova al limite del suo mandato? In realtàsecondo me, attraverso Napolitano si intende colpire Monti, visto come sua creatura e fiduciario.
RispondiEliminaSi affilano cioè le armi in vista delle prossime elezioni.