da LA STAMPA.25/2/2012
Nei giorni scorsi era tutto un lamento di juventini. «Di sicuro ridurranno la squalifica a Ibrahimovic. Quest’anno lo scudetto deve andare a Berlusconi». Poi la squalifica non è stata ridotta e il virus del sospetto è immediatamente trasmigrato fra i milanisti. «L’élite al potere vuole punire Berlusconi e far vincere di nuovo lo scudetto alla Juve». Il calcio è lo sfogatoio delle nostre paturnie e dunque non ci sarebbe da preoccuparsi troppo, se non fosse che l’approccio tifoso si è ormai allargato agli altri aspetti del vivere. Non esiste decisione di un’autorità che non venga sottoposta a lettura dietrologica, tesa a far passare il penalizzato per vittima di un complotto.
Per limitarsi all’ultima settimana: se tre periti universitari danno ragione alla Fiat in una causa di diffamazione sono dei prezzolati, se Caselli indaga sulla frangia violenta che opera all’ombra dei No Tav è un mafioso, se un pubblico ministero ritiene B un corruttore appartiene alla categoria dei bolscevichi ossessivi. Questo nella vita pubblica, ma scandagliando quelle private troveremmo casi analoghi: nella mia c’è un vigile che mi ha multato per un minuscolo divieto di sosta ed era chiaramente in malafede, così come uno dei miei migliori amici è convinto che il votaccio rimediato dalla figlia sia una rappresaglia dell’insegnante nei suoi confronti, non essendosi lui presentato all’ultima riunione dei genitori. Abbiamo talmente screditato il concetto di autorità che l’idea che un giudice, un vigile o un insegnante decidano e magari sbaglino di testa propria non viene più nemmeno presa in considerazione.
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